Tulipani


 

i am a dreamerHai le ginocchia tirate contro il petto, le braccia che cingono le gambe, i capelli che ti nascondono il viso e lo sguardo puntato fuori dalla finestra.

Ad un'occhiata disattenta potrebbe sembrare che tu stia guardando la pioggia che cade sul giardino che circonda la casa, io solo so che, in realtà, quello che osservi sono i pensieri che hai nella testa.

Vorrei stringerti, nascondere il viso contro il tuo collo e respirarti mentre ti chiedo scusa, mentre mi perdoni per essere un cretino immaturo, mentre facciamo pace.

Ma non posso, tu non me lo permetteresti ed io devo ancora finire di lottare contro il mio orgoglio che non lascia che ti imprigioni tra le braccia perché non te ne possa andare.

Perché tu debba rimanere con me, per sempre.

Mi muovo per la cucina, preparo un tea al limone e faccio bollire molta più acqua del necessario, per permetterti di berne uno anche tu, ma non dover essere costretto a chiedertelo esplicitamente.

Ma tu rimani ferma lì, quasi immobile, così sprofondata nel tuo dolore da non permettere a quello che ti succede intorno di fare breccia nel muro con cui ti sei circondata.

Prendo le chiavi, indosso il cappotto ed esco.

Stare in casa non fa che aumentare il senso di ansia e di colpa che mi stringe in una morsa il petto e questo genera nella mia testa ondate di acido malumore.

So di essere in torto, ieri sera non me ne rendevo conto, non riuscivo a vedere le tue ragioni tanto ero preso da me stesso e dal mio ego smisurato.

Così, mentre litigavamo, ho colpito ed ho colpito duro.

Ho preso di mira tutte le tue insicurezze e tutte le tue fragilità, ho lasciato che la parte peggiore di me prendesse il sopravvento e mi guidasse in quello che alla fine è stata la demolizione della persona che amo.

La demolizione di te.

Le tue lacrime mi irritavano perché mi mettevano davanti quanto mostruoso ed ingiusto fossi stato nei tuoi confronti.

Se oggi potessi ritornare indietro, mi prenderei a schiaffi.

Sono andato a dormire senza di te, nel letto che all'improvviso mi sembrava troppo grande e freddo, ma non ho fatto una mossa per venirti a prendere dal divano sul quale eri raggomitolata.

Per riportarti a me.

Cammino per la strada, entro in un paio di negozi e faccio dello shopping annoiato e teso, ho la mano destra sprofondata nella tasca del cappotto, tra le dita stringo il cellulare, aspetto che tu mi contatti per chiedermi di tornare a casa, per chiedermi di parlare.

Passano un paio d'ore, ma di te non c'è traccia.

Nel petto, il grumo d'ansia che mi fa stare male da ore, si ingrandisce a dismisura, minacciando di inglobarmi tutto e di soffocarmi definitivamente.

Devo tornare a casa per vedere cosa stai facendo.

Passo accanto ad un fioraio, mi fermo all'improvviso quando mi accorgo che hanno i tuoi fiori preferiti.

Una specie di tulipano dai petali arricciati e dai colori brillanti.

Spesso ne compri un paio di mazzi e li sistemi in salotto ed al centro del tavolo della cucina, dici che ti mettono allegria ed anche se ho sempre fatto finta di ignorarli, col tempo, hanno iniziato a mettere allegria anche a me.

Compro tutti quelli che hanno esposti nel grande vaso di plastica bianca.

Sono un'offerta di pace e spero che li accetterai.

Entro in casa con difficoltà, ho tra le braccia un quantitativo di fiori che ti faranno diventare matta al solo pensiero di come dovrai fare per sistemarli, ma che spero ti faranno sorridere di gioia.

La casa è buia, silenziosa, fredda.

Tu non sei più accoccolata vicino alla finestra.

Il cuore inizia a battermi nel petto come un tamburo ed il respiro diventa doloroso.

Nel salotto la televisione è spenta, sul bancone della cucina c'è ancora appoggiata la tazza da cui ho bevuto il tea questa mattina e per qualche motivo, vederla lì, così solitaria, mi strazia dentro.

Le lacrime iniziano a scendere senza che possa fare nulla per fermarle ed al diavolo tutte quelle cavolate sul fatto che gli uomini non piangono.

Tutti gli esseri umani piangono quando soffrono.

Ed io ti ho fatta andare via e per me non esiste sofferenza più grande.

Entro in camera da letto ed avverto una debole traccia del tuo profumo.

Dentro di me inizia a farsi strada la disperazione.

Tu non ci sei.

Mi hai lasciato.

Io sono un cretino e non ti merito.

Mi siedo pesantemente sul letto sfatto e chino la testa.

Le lacrime cadono silenziose e bagnano i petali dei fiori che non ho ancora smesso di stringere tra le mani.

Perdo lo scorrere del tempo e potei essere lì da pochi minuti o molte ore, quando sento il rumore di uno scroscio d'acqua provenire da oltre la porta chiusa del bagno.

Sono stordito, mi alzo e la spingo col piede, è aperta.

Tu sei immersa nella vasca da bagno, l'unica luce proviene da una piccola candela alla rosa che hai acceso sul bordo del lavandino, hai gli occhi chiusi e le cuffie del lettore mp3 nelle orecchie.

Vederti mi fa provare un sollievo talmente tanto violento da essere doloroso.

Dalla mia gola esce una specie di gemito e tu, allarmata, apri gli occhi.

-Ma...cosa... Tutti quei fiori sono per me?

Chiedi sbalordita mentre ti metti a sedere, sfili le cuffie e cerchi di capire che espressione abbia in tutta quella penombra.

Abbasso lo sguardo sui fiori e sono sorpreso di averli ancora tra le mani, li lascio cadere per terra e mi inginocchio accanto alla vasca, prendendoti il viso tra le mani e baciandoti come se senza di te io non potessi più respirare.

-Scusami, scusami, scusami.Ti amo.

Mormoro senza lasciarti andare.

Mi fissi in silenzio e capisco che ti accorgi che ho pianto, ma non dici niente e ti limiti a fare un piccolo cenno col capo.

-Non voglio vivere senza dite.

Continuo così felice di averti ancora qui con me da sentirmi come se fossi ubriaco.

-Mi hai fatto male.

Ribatti con la voce roca.

-Lo so, non ti merito, ma ti prego rimani con me.

Un angolo della tua bocca si incurva leggermente, accenni ad un sorriso.

-Forse, posso rimanere ancora un po' .

Mormori piano, ma ti conosco e so che già inizi a cedere.

-Ti legherò a me in modo che tu non possa scappare.

Ribatto sicuro.

-E come farai?

Ridi.

Ma io non sono mai stato più serio in vita mia.

-Sposami.

Sarah Bianca -

SarahBianca nasce a Roma nell'84 e sin da bambina dimostra di avere una sfrenata fantasia creativa. A nove anni legge il libro di Micheal Ende "La Storia Infinita", da allora la sua vita è segnata.

Si innamora della letteratura, dei libri e della scrittura, iniziando a cimentarsi con primi piccoli componimenti poetici. A quattordici anni, poi bissando l'anno dopo, vince il Primo Premio Nazionale di Letteratura Italiana nel concorso "I Castellani", questo la incoraggia a continuare nel campo della scrittura.

Attualmente gestisce una pagina letteraria molto seguita su Facebook, in cui posta settimanalmente piccole storie autoconclusive.

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