Un gioco, dieci minuti per tornare a vivere
di Martina Gentili
Un gioco, dieci minuti per tornare a vivere, Chiara Gamberale, Feltrinelli.
Un romanzo, una lettura, una riflessione.
A volte, nella vita di tutti i giorni, capita qualcosa che interrompe la quotidianità, quella quotidianità in cui tutti noi ci sentiamo al sicuro, a casa.
Improvvisamente qualcuno spegne la musica mentre stiamo ballando, cerchiamo di sederci ma non ci sono sedie e allora ci sdraiamo a terra chiudendo gli occhi, raggomitolati, aspettando che passi.
Nella vita di Chiara, protagonista omonima del nuovo romanzo “Per dieci minuti” della scrittrice Chiara Gamberale edito da Feltrinelli , succede proprio così: il compagno di una vita la lascia con una telefonata dall’Irlanda dove era andato per seguire un master e come se non bastasse, il suo datore di lavoro le toglie la rubrica settimanale che teneva da otto anni sostituendola con la posta del cuore di una, non meglio identificata, concorrente e nemmeno vincitrice, de Il Grande Fratello.
Si ritrova così, con un enorme buco nel cuore e nessuna idea su come anche solo affrontare la vita ogni mattina, al suo risveglio.
“Passato il momento del dolore insopportabile, poi, non c’era più neanche quello a farmi un po’ di compagnia”- dice Chiara- perché a volte, il dolore è così totalizzante che ti avvolge come uno strato di ghiaccio. Prima ti mozza il fiato ma poi, una volta abituato alla temperatura, romperlo ti sembra un altro cambiamento, e un altro cambiamento ti spaventa da morire. Quindi quasi quasi meglio rimanere ancora un po’ lì, fermo immobile, nel tuo angolino ad aspettare.
“Poi è passato un mese, ne è passato un altro, un altro ancora, ne sono passati quattro, cinque, sei, è arrivata l’estate . Una mattina di agosto mi sono svegliata e mentre il mare faceva il mare, il cielo faceva il cielo, io me ne sono accorta. Che c’era il mare, c’era il cielo. E ho scoperto di essere sopravvissuta.”
A quel punto, un giorno, l’analista da cui era in cura le propone di fare un gioco d’ispirazione steineriana:
“Per un mese, a partire da subito, per dieci minuti al giorno, faccia una cosa che non ha mai fatto.”
“Cioè?”
“Una cosa qualunque. Basta che non l’abbia mai fatta.”
“È sicura che funzioni?”
“Dipende da lei. I giochi sono per le persone serie. Se decide di cominciare il percorso, non deve saltare nemmeno un giorno.”
“E poi?”
“Ne riparliamo tra un mese, Chiara. Intanto giochi, si impegni e non bari, mi raccomando. Arrivederci.”
Comincia così, proprio per gioco, la lenta risalita verso la luce. Non ha niente da perdere ed inizia facendo qualcosa che è molto banale ma molto lontano da lei. Comincia con uno smalto fucsia. Lei che al massimo si concedeva, e con riserva, lo smalto nero. Perché è una scrittrice impegnata e non una da romanzetti rosa. Non solo. Perché i colori accesi sono troppo femminili e lei, infondo, non ha mai voluto ostentare la sua femminilità.
Poi è la volta del violino, strumento suonato da uno dei suoi migliori amici a cui non aveva mai nemmeno pensato di avvicinarsi. Continua con una lezione di hip hop, cambia per la prima volta un pannolino, cammina all’indietro, regala il suo cellulare, ascolta sua madre. Tutte cose semplici, quasi banali, e capisce che è proprio da lì che bisogna cominciare per ripartire. Dalle cose lontane da te che ti fanno sentire diversa, forse migliore, certamente più completa o addirittura forte.
Piano piano, giorno per giorno, riesce a distogliere l’attenzione dal suo dolore e, piano piano, giorno per giorno, il ghiaccio intorno al suo cuore si scioglie, aprendosi verso nuovi orizzonti.
Mettersi in gioco le ha fatto capire che la Chiara indifesa e bisognosa d’amore e di cure, quella Chiara di cui si era innamorato suo marito, non c’era più. Come non c’era più nemmeno il ragazzino di cui si era innamorata lei tanti anni prima e che chiamava Mio Marito, con la maiuscola. Nella sua testa certe cose erano concepibili solo con la maiuscola. Mio Marito, la Mia Rubrica, la Mia Casa ed ora invece era necessario pensarle minuscole. Ora l’unico perno intorno a cui deve girare la vita è la Vita stessa. Quella sì, con la maiuscola.
E allora forse il dolore infondo serve a qualcosa, forse è vero che ci rende più forti.
Con questo romanzo Chiara Gamberale si conferma una scrittrice attenta e profonda, riesce a farci vivere le sue sensazioni, i suoi dubbi, le sue incertezze come fossero nostre. Fa un’analisi approfondita di se stessa e di ciò che prova dando un nome ad ogni dolore.
È un libro positivo che invita il lettore a mettersi in gioco, a capire quanti nuovi “dieci minuti” ci sono dentro di noi, quante cose ancora si possono fare per migliorarci, per conoscerci più a fondo e magari scoprire lati, inclinazioni e passioni che non pensavamo di possedere.
Suggerisce un modo per distogliere l’attenzione dal dolore senza negarlo, anzi, ci insegna ad accoglierlo, a farlo nostro e a trasformarlo in un punto di partenza per smettere di sopravvivere e cominciare a vivere davvero.