Recensione: “Il diavolo” di Lev N. Tolstoj
di Annalisa Cattolico
Il Sole 24 ore, I libri della domenica, basato sull’edizione Passigli Firenze, 2005
”Dove nasce la tentazione? È un errore assecondare il desiderio dei sensi e opporsi alle convenzioni sociali?”. Un ritratto magistrale dellʼanimo umano: di fronte alla minaccia del vizio, lʼindividuo mostra le sue fragilità e arretra, lasciando che il disastro prevarichi.
Inizia con questo interrogativo il racconto di Tolstoj, un racconto che vuole far riflettere su qualcosa che prima o poi, inevitabilmente, ognuno di noi prova nel corso della propria vita: la tentazione, e ci porta ad analizzare quando e perché inizia ad affiorare in noi. Perché di fronte al vizio la maggior parte delle volte diventiamo così fragili, così corruttibili?
Per il protagonista, Evgenij, la vita era esattamente come doveva essere: un brillante percorso universitario, un buon patrimonio. Dopo la morte del padre però la situazione precipita a causa dei debiti e si ritrova costretto a dover amministrare lʼazienda di famiglia in campagna per conservare lʼeredità.
Trascorso del tempo, Evgenij non riesce a trattenere i propri impulsi sessuali, che diventano sempre più insistenti, e che tende a giustificare indispensabili per motivi di salute: così inizia una relazione con Stepanida, una contadina.
La relazione con la contadina continua, ma un soggiorno in città cambia la vita di Evgenij: conosce Liza, decide di sposarsi e di troncare la relazione con Stepanida.
Liza è una buona moglie, devota ed amorevole nei confronti del marito. Quando però rimane incinta, le forze la abbandonano, e quindi decide di assumere una domestica: il caso volle che si trattasse proprio di Stepanida, ed a quel punto iniziò il tormento di Evgenij.
Evgenij tenta in tutti i modi di evitarla, di non pensare al turbine di emozioni e di tentazioni che annebbiavano la sua mente al solo pensiero di quella donna e, con il tempo, diventa schiavo della propria passione, lʼossessione per Stepanida è un tarlo che lo logora fin dentro lʼanima, fino a fargli perdere la dignità: la sua vita matrimoniale è solo un idillio, una facciata che rischia di crollare inesorabilmente per cedere al male e alla seduzione.
Il tormento e la vergogna logorano ogni giorno di più Evgenij, che arriva a designare Stepanida come il diavolo tentatore, un fardello che andava eliminato per mantenere integra la sua dignità e la sua coscienza.
Un aspetto molto interessante di questo racconto è che vi sono due finali, dove ad unirli vi è un comune stato di disperazione, persecuzione e di senso di colpa: l’autore però ci lascia intendere il finale più consono in base al carattere del personaggio, ma allo stesso tempo è come se, nonostante tutto, ci fossero ancora dei dubbi, un senso di incompiuto, come se la riflessione dovesse durare allʼinfinito, come se fino alla fine Evgenij non riuscisse a darsi pace. La cosa più apprezzabile che è riuscito a fare Tolstoj, il suo punto di forza, è che dalla prima all’ultima pagina lascia il lettore con il fiato sospeso, lo trascina nel vortice di ansia e di pena del protagonista, lo porta ad immedesimarsi e a rispecchiarsi nelle sue debolezze, e a chiedersi quale dei due finali avrebbe scelto se si fosse trovato nei panni di Evgenij.
Tolstoj, durante il racconto, ci porta a riflettere su vari punti: il male, visto sotto forma di tentazione che cerchiamo di reprimere a tutti i costi, la lotta tra il giusto e lʼingiusto ,una lotta che ha a che vedere con la nostra moralità ma non solo, un tentativo di conformarci ai voleri della società, ai costumi che ci vengono imposti e che ci spingono a condurre uno stile di vita impeccabile e rispettabile, a costruirci una gabbia dorata intorno che però prima o poi diventa troppo stretta. Ma se in realtà fosse questo il ‘’diavolo’’ che descrive Tolstoj? Se fosse la smania di apparire perfetti e la conseguenza di annullamento a far scaturire la tentazione e la voglia di trasgredire?. In poche pagine lʼautore disegna il profilo psicologico dellʼessere umano in tutte le sue fragilità, il terrore della perdita di controllo, le sue contraddizioni in modo critico, analizzando il diavolo, cioè quello che tutti noi cerchiamo disperatamente di allontanare, ma che involontariamente tentiamo di ottenere, perché è un inevitabile conseguenza di una vita che non scegliamo per nostro volere, ma per volere di altri: credo che il messaggio che vuole trasmetterci Tolstoj, ammonendo così palesemente Evgenij , è che forse se ci lasciassimo tentare senza chiederci se ciò che desideriamo ardentemente è giusto oppure sbagliato, forse allora incominceremo a vivere, a vivere sul serio.