Il giornalismo culturale, tra carta e web


Quali i rapporti futuri tra libri, scrittura, editori e giornalisti? Come cambiano queste figure? Una tavola rotonda, a Milano, per discuterne meglio….

 

GIORNALISMOIl Master in Professione Editoria cartacea e digitale dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, in collaborazione con l’Associazione Italiana Editori, organizza per il secondo anno consecutivo il ciclo di incontri “Editoria in progress”, per una riflessione comune sul senso e sulle pratiche del mestiere editoriale. Lo scorso 18 aprile, presso la storica sede di Largo Gemelli dell’Università Cattolica, si è svolto il secondo di questi incontri, dal titolo “Scegli me. Giornalismo editoriale tra carta e web”.

La tavola rotonda proponeva una riflessione attorno al tema del rapporto tra editoria e giornalismo: in che modo si parla di libri nei media, siano essi cartacei o digitali? In che modo il giornalista che si occupa di cultura sceglie tra i quasi 65.000 titoli che vengono pubblicati ogni anno? E sul fronte degli editori, in che modo si riesce a imporsi all’attenzione di lettori, autori e giornalisti per farsi scegliere?

La coordinatrice nonché docente del Master in Professione Editoria, Paola Di Giampaolo, ha rivolto queste domande agli ospiti presenti. Quattro diverse esperienze, alcune molto diverse tra loro, e quattro punti di vista originali: Fiammetta Biancatelli, responsabile dell’ufficio stampa e relazioni esterne della casa editrice Newton Compton; Paolo Di Stefano, giornalista del Corriere della Sera e Corriere.it; Umberto Lisiero, autore di News(Paper)revolution. L’informazione online al tempo dei social network e coautore di Viral Video. Content is King, Distribution is Queen; Francesca Santarelli, ideatrice del portale Tropico del libro.

Oggi il mondo editoriale è molto affollato: ogni giorno escono fino a 200 titoli nuovi e sono 8400 le case editrici che operano in Italia, senza contare il fenomeno nascente del self publishing. Tante sono anche le fonti di informazione: riviste specializzate, quotidiani storici, inserti culturali, radio e televisione, portali di informazione ed e-commerce, blog personali e social network (questi ultimi a volte usati anche come fonte di informazione alternativa).

In un panorama così complesso e certamente non esente dagli effetti della crisi economica si impone la necessità di trovare nuovi modelli di business e nuove forme di mediazione culturale.

Il primo a prendere la parola è Umberto Lisiero, autore, blogger, giornalista pubblicista e esperto di social media. Oltre ad essere co-fondatore di Promodigital, società acquistata nel 2010 dal gruppo francese Ebuzzing, specializzato nella diffusione di video online, è autore e coautore di libri sul mondo della comunicazione e dei social media. In News(paper)revolution. L’informazione online al tempo dei social network, edito da Fausto Lupetti Editore, Lisiero si propone di esplorare il web dal punto di vista culturale, interrogandosi su quale sia la direzione del giornalismo su web e quali gli strumenti a disposizione.

Nasce per chiare esigenze economiche: la carta costa troppo e si cercano mezzi alternativi. Da subito, però, ci si rende conto delle enormi potenzialità del web per migliorare la professione giornalistica. News(paper) revolution parte dall’idea che internet sia un media a sé, ma arriva alla conclusione che si tratta invece di un punto di incontro, una sorta di sovrastruttura nella quale gli altri tipi di giornalismo si fondono. La vera svolta è passare da un giornalismo-lezione a un giornalismo-conversazione, e questo vale per tutto il sistema dei contenuti. Gli utenti si aspettano che le notizie siano spunto di riflessione, per questo chi scrive deve fare in modo di scatenare una reazione in chi recepisce il messaggio.

Alla domanda di Francesca Santarelli su cosa si intenda, in questo caso, per reazione, Lisiero risponde con un esempio di grande attualità: il quotidiano online Huffington Post. Nell’edizione statunitense raccoglie migliaia di commenti, tanto da essersi reso necessario l’acquisto di una società che mediasse i commenti in maniera automatica. L’Huffington Post, anche nella versione italiana, è una tipica dimostrazione di come internet sia un forte canalizzatore di reazioni da parte degli utenti, e di come il suo utilizzo sia la chiave vincente anche per il giornalismo.

Paolo di Stefano, giornalista nato professionalmente nel “Corriere del Ticino” ed ora inviato speciale del “Corriere della  Sera”, sottolinea come il suo lavoro sia radicalmente cambiato nel corso degli anni. Le pagine culturali sono resistite, a volte in modo un po’ goffo, fino ad oggi, e nel tempo si è sentita sempre più l’esigenza di integrarle nei giornali, di non tenerle confinate alla terza pagina. Negli anni Ottanta nasce la figura del giornalista culturale vero e proprio, così come la cronaca e l’attualità culturale, a testimonianza della prevalenza del giornalismo sulla letteratura. Il giornalista della carta stampata ha vissuto tutte queste trasformazioni, fino all’ultima: la nascita del giornalismo digitale. Ciò non ha significato la scomparsa del cartaceo in quando, secondo Di Stefano, la cultura digitale non va accolta interamente nei giornali.

L’informazione dovrebbe essere gerarchica, e il digitale non deve significare appiattimento. Il segreto sta nell’accompagnare le due velocità: da una parte è necessario accogliere la cultura digitale, dall’altra bisogna anche proporre qualcosa di alternativo. Questo è proprio ciò che Di Stefano cerca di realizzare tramite il suo lavoro per il supplemento culturale “La Lettura” del “Corriere della Sera” e nel blog “Leggere e scrivere” di “Corriere.it”. Così come è interessante dare la propria opinione, essere critici letterari e scrivere recensioni (e Di Stefano vorrebbe un ritorno alla recensione come istituto critico e analitico vero, motivato, fatto da persone competenti e in grado di dare giudizi), allo stesso tempo è altrettanto importante ascoltare le opinioni e le emozioni dei lettori, “sentire la pancia” del pubblico. Il contatto diretto non manca nel blog “Leggere e scrivere”, così come non è mai mancato con i lettori del “Corriere della Sera”, ma chi scrive di cultura, soprattutto sulla carta, deve essere in grado di mantenere sempre una certa autorevolezza, non deve mai perdere di vista la dimensione etica della professione, altrimenti il suo contributo è inutile e rischia di compromettere la sopravvivenza del giornalismo editoriale sui giornali cartacei.

Davvero tanti gli spunti di riflessione dell’intervento di Paolo Di Stefano: l’importanza di filtrare le informazioni, di scegliere ciò che effettivamente è notizia, la funzione comunicativa dei social media attraverso il contatto diretto con il pubblico, l’autorevolezza che il giornalismo tradizionale mantiene. Di Stefano parla della sua esperienza di bloggista e di come i suoi lettori siano variegati ma tutti preparati, a volte addirittura fonte di conoscenza e altre volte di aiuto nell’interpretazione di alcuni fenomeni editoriali.  Nell’inserto “La lettura” si cerca invece di coniugare e rispettare le due velocità, proponendo un prodotto autorevole, con buone e responsabili recensioni, e considerando contemporaneamente le novità, l’infografica, le illustrazioni.

Molto innovativa è l’esperienza di Francesca Santarelli, ideatrice e co-fondatrice di Tropico del Libro, portale di informazione editoriale indipendente. Online dal settembre del 2011, questo blog “stimolatore del dibattito” nasce come progetto di promozione della lettura. Francesca e i suoi collaboratori, da lei stessa definiti “i residui dell’editoria”, iniziano con rassegne stampa, piccole notizie su inesplorate realtà editoriali, per poi rendersi conto che gli utenti del sito erano più interessati agli approfondimenti, e così gli articoli si sono allungati: come a dire che, nell’esperienza del Tropico,  non valeva la regola del “più breve è, meglio è”.  Tropico del libro non fa recensioni, non sceglie di presentare singoli titoli ma si occupa di far conoscere piccole e belle idee di editori indipendenti e start up. Il portale vuole amplificare delle voci, far emergere nuove idee e mettere in dialogo le varie parti della filiera (l’esempio classico è quello dei librai e dei bibliotecari, così vicini eppure a volte così lontani per la loro mancanza di comunicazione efficace).

Tropico del Libro si pone a metà fra una start up e una testata giornalistica: lo scopo non è solo quello di fare informazione ma anche di progettare nel settore editoriale. Francesca Santarelli parla di “deontologia fai da te”, caratterizzata da un forte senso etico e a volte anche da scelte controcorrente, partendo sempre da ciò che è nuovo e sondando, anche attraverso questionari, il sentiment degli editori, in modo da tenere le sezioni del portale costantemente aggiornate.

L’ultimo intervento della tavola rotonda è quello di Fiammetta Biancatelli, responsabile ufficio stampa e relazioni esterne di Newton Compton. Paola Di Giampaolo le chiede come, sul fronte degli editori, siano cambiate le strategie di comunicazione. E la risposta di Fiammetta Biancatelli, già fondatrice della casa editrice Nottetempo, si pone in linea con quanto detto finora: il web ha cambiato tutto.

L’ufficio stampa di una casa editrice, per promuovere un libro, devi dividersi fra stampa, radio, televisione e web, ma quest’ultimo ha una capacità di viralizzazione nettamente superiore, e finisce per acquisire sempre maggiore importanza. Promuovere l’anteprima di un libro su siti internet molto visitati e su social network dà un raggio di viralizzazione della notizia che una recensione su “Repubblica”, per quanto prestigiosa, non potrà mai fornire.

Sul web c’è soprattutto bisogno di comunicazione, e lo si vede tutti i giorni. Se sui giornali, come afferma Di Stefano, spesso le recensioni sono fatte da persone che quei libri non li hanno mai letti, altrettanto di frequente sui blog personali si trovano recensione valide e estremamente dettagliate. I blog possono diventare punti di riferimento e conversazione, anche per i giornalisti. Per questo mai come in questo momento è necessaria la creatività, bisogna reinventarsi continuamente, in tutti i settori.

Parlando di scouting sul web Fiammetta Biancatelli cita un esempio significativo. Da quando è nato il self publishing, è stato un fiorire di e-book auto pubblicati online.  E’ stato proprio così che Newton Compton ha scoperto l’autrice di “Ti prego lasciati odiare”, Anna Premoli, primo caso in Italia di self publishing di successo approdato a una casa editrice. Altri cinque autori scoperti sul web sono attualemente in fase di pubblicazione con Newton Compton.

Nel web hanno una larga diffusione anche i video. Ma in che modo possono essere distribuiti negli ambiti editoriali? Lisiero, in Viral Video. Content is King, Distribution is Queen parte dal presupposto che non è vero che basti avere il contenuto. Come suggerisce il sottotitolo del libro, dietro i video di maggior successo c’è una strategia di distribuzione precisa: bisogna pianificare e investire per garantire risultati. La viralizzazione non è a costo zero, né prima dell’upload né dopo.

In editoria e nel mondo del giornalismo, anche cartaceo, il web va visto soprattutto come una grande opportunità. Ѐ importante non perdere mai il desiderio di sperimentare, condividere, fare informazione. L’approccio non va mai dato per scontato: la comunicazione sul web non può essere generica, deve essere personalizzata per chi la riceve, bisogna prima studiare cosa interessa all’altro: in questo modo si dimostra di apprezzare il destinatario, lo si gratifica anche chiedendo consigli e suggerimenti. La comunicazione, insomma, deve essere costruttiva e  costituire un valore aggiunto. Francesca Santarelli cita le metafora del pavone, che si fa apprezzare da chi già lo apprezza: è proprio ciò che va evitato, per cercare di uscire dal circolo ristretto di pochi intimi, ma senza arrivare ad una comunicazione indiscriminata di massa. Le parole d’ordine della tavola rotonda sono proprio queste: personalizzazione e efficacia della comunicazione, sulla carta come sul web.


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