"Buongiorno, notte"
di Nina Ronzino
Non credo fosse a questo che si riferisse Marco Bellocchio con il suo film. Ma ogni mattina, da ottobre a questa parte, quando mi sveglio e fuori vedo un buio pesto che più pesto non si può, mi ripeto:
- Buongiorno, Notte! – E fino alle 9 passate continua ad essere notte, e bisogna alzarsi, lavarsi, preparare la colazione, uscire fuori col cane in mezzo alle ombre tetre della notte. Ma certo, è notte, non riesco ancora a convincermi mai che queste siano mattine.
E per quanto mi vogliano ripetere che la Finlandia è un paese sicuro, rimarrà sempre difficile non pensare che quel tizio che mi viene incontro sul marciapiede – nell’assoluto deserto della mattina polare - coperto dalla testa ai piedi, con solo gli occhi di fuori, non mi aggredirà agevolato dalle tenebre e fuggirà impunito perché tanto non lo vede nessuno! E se pure lo vedessero, nessuno parlerebbe: i finlandesi son rinomati per essere gente silenziosa! È davvero buio. Buio pesto!
Alla fine, per un gran colpo di fortuna, il tizio in questione non mi ammazza, ma finché non la faccio davvero franca il pensiero scorre comunque: ho esperienze argentine nelle vene, io. E anche questo fa parte della notte, certo. Anche i pensieri più oscuri fanno parte della notte. Ma per fortuna, poi, viene il tramonto. Qui l’alba è un po’ come il tramonto. Il sole sorge, e subito cambia idea. - Troppe nuvole - deve pensare.
E ci pensa per circa quattro o cinque ore, poi decisamente decide che è ora di tornare a letto. E dalle 15 in poi si indossano di nuovo indumenti fosforescenti, con lumicini attaccati ai cappotti per evitare di essere investiti da un camion, non si sa mai.
Ma se ci si immerge di più in un centro abitato, allora la storia delle lucine alle finestre cambia gli stati d’animo e trasforma l’atmosfera in magia del nord. Da quando comincia ad arrivare il buio, quello pesto, quello costante, alle finestre compaiono luci e lucette, lampade e abat-jour di tutti i tipi. Solitarie davanti a queste grandi vetrate, riscaldano i pensieri del passeggiante.
Il 6 dicembre è la festa nazionale finlandese, giorno dell’Independence Day.
È una festa seria, una cosa fatta con tutti i crismi, perché da 97 anni a questa parte i finlandesi hanno preso il coraggio a quattro mani ed hanno deciso di non voler sottostare più a nessuno e lo hanno dimostrato con le unghie e con i denti, tenacia e coraggio. E ce l’hanno fatta. Ma questo ha significato 97 anni di riflessione sulla loro identità, sulla manifestazione di ciò che vuol dire essere suomi, con tutto l’orgoglio possibile permeato ogni tanto da qualche dubbio amletico sul loro essere o non essere all’altezza. La verità è che sono portentosi.
Durante questa festa, quest’anno, dopo tre anni qui – caspita quanto mi ci vuole per capire le cose! – sono venuta a sapere che dalle 18 alle 19 del 6 dicembre, in ogni casa finlandese si spengono le luci e si accende una candela che verrà appoggiata in finestra. Se nessuno te lo dice, difficile immaginarlo, e non ti viene in mente d’affacciarti proprio a quell’ora.
Nel proverbiale silenzio finnico, una volta svelato questo segreto, mi affaccio alla finestra e queste candele si accendono come migliaia di occhi nel mezzo della notte.
Una dopo l’altra. I finlandesi non parlano, non sprecano parole, ma con quelle fiammelle si dicono:
- Fratello, sono qui. –
Si abbracciano nel ricordo di questa storia che è un fuoco vivido dentro di loro, anche se è di tanti anni fa. Nel loro tramandarsi le tradizioni e i ricordi, devono aver ammesso passione e onesto dolore, tanto che nessuno di loro ignora il potente significato del giorno in cui sono diventati liberi.
Anche la notte di questo dicembre, all’improvviso, non è più tanto buia. Sembra fatta per pregare per quelli che hanno lottato, o per noi che non sappiamo più lottare. Oggi mi viene in mente che la luce c’è, ma non si vede perché è “ dentro”. Dentro una casa, dentro le persone.
Le candele vive che ricoprono la città la fanno apparire, finalmente, nella sua vera luce interiore.
Ho spento la luce e ho acceso una candela anche io. Chissà come sarebbe accendere una candela il 2 giugno?