E Dio scelse una donna


profetesseProfezia e credibilità spesso viaggiano parallelamente, senza mai trovare quindi un punto di incontro. Altre volte, invece, contribuiscono ad alimentare profonde riflessioni in chi si sofferma sul significato racchiuso in ogni singolo messaggio, divulgato da individui intimamente connessi a Dio e divenuti poi suoi portavoce a vantaggio esclusivo dell’umanità. Fra di essi, una donna colpisce particolarmente, sia per il contenuto delle sue profezie – di portata mondiale e incredibilmente attuali – sia per l’oscuro anonimato da cui è tuttora avvolta la sua figura. Su di lei, infatti, le notizie sono molto scarse. Nota ai posteri come la monaca di Dresda, visse nell’ombra di un monastero tedesco, dove mori nel 1706 all’età di ventisei anni.

 

di Rita A. Cugola

 

Possedere il “dono della profezia” significa sostanzialmente beneficiare della capacità di lacerare la cortina metaforica dell’ignoto che idealmente separa la dimensione spazio-temporale (terrena) da quella assoluta (ultraterrena). Si tratta di precipitare verso un ipotetico “punto centrale” in cui presente e futuro giungono a una perfetta coincidenza, annullando conseguentemente qualsiasi diversificazione avventata, dove non può assolutamente esistere una debita cronologia degli eventi.

Oggi parlare di profeti e profezie equivale forse ad alimentare l’interesse popolare riguardo a fenomeni di tendenza (più che di sostanza) sovente assimilabili agli effimeri interessi di ordine puramente commerciale tanto cari alla nostra epoca.

Eppure un tempo la situazione era decisamente diversa. Quando il senso religioso ancora permeava realmente l’intera struttura sociale; quando la spiritualità individuale e collettiva godeva di importanza primaria anche sul piano storico-politico, l’abilità profetica implicava il conseguimento, da parte dell’individuo coinvolto, di un livello di sviluppo interiore non indifferente. Oltre a un’acuta sensibilità presupponeva soprattutto quell’intima consapevolezza di umiltà a cui non poteva certo sfuggire, se davvero voleva comprendere e accettare a fondo la rilevanza del suo ruolo da svolgere al servizio esclusivo dei suoi simili.

Profeti in senso lato venivano ritenuti coloro che, avendo raggiunto un’unione intima con la divinità – spesso mediante l’annullamento del proprio sé – ne divenivano addirittura i portavoce effettivi. In altri termini, Dio concedeva la sua benevolenza all’uomo rivelandosi – in quanto Verbo primordiale – sotto forma di Parola. Si esprimeva, cioè, per voce di individui preposti appositamente alla diffusione del messaggio divino ricevuto per Grazia.

La stessa storiografia biblica sottolineava la condizione passiva dell’essere, impossibilitato ad agire solo in base alla spinta del tempo e del luogo. I racconti contenuti nella Bibbia evocavano una doppia causalità: sensibile e naturale da un lato; superiore, nascosta, non sensibile dall’altro. In sostanza, non erano gli umani di entrambi i sessi a creare la storia: ogni processo storico-sociale contemplava infatti un fattore terreno e uno celeste.

In tale contesto di collaborazione e interazione tra la causalità divina e quella umana, la figura femminile trovava il suo giusto inserimento. Nei ripetuti riferimenti alla saggezza tipica del cosiddetto sesso debole, il Pentateuco (primi cinque libri delle Sacre Scritture) non trascurava la popolarità e l’autorevolezza conquistate da alcune donne cui era stato riconosciuto il ruolo ufficiale di profetesse.

La prima a cui tale titolo venne conferito fu Miriam. Il profeta Michea (VI, 4) rammentò in seguito la sua posizione al fianco di Mosè: “Ti ho fatto salire dall’Egitto e ti ho riscattato dalla casa di schiavitù e ti ho inviato Mosè, Aronne e Miriam”.

Anche Deborah, moglie di Lepidot nonché regnante e giudice d’Israele aveva il dono della profezia: si raccontava infatti che i figli di Israele erano soliti farle visita per ottenere da lei consigli, orientamenti circa le azioni future e, naturalmente, giustizia.

Tra i XII e il XIII secolo, quindi in pieno Medio Evo, si verificò un radicale cambiamento a livello culturale, associato a un profondo rinnovamento della religiosità. Fiorirono innumerevoli movimenti laici ed ereticali, contemporaneamente nacquero gli ordini mendicanti. Intanto la donna rivendicava un ruolo sempre più consistente e attivo nell’ambito della spiritualità e della vita religiosa.

La mistica (esperienza religiosa personale del tutto interiore) e la profezia (attività pubblica o politica) conobbero larga diffusione. Nella tradizione cristiana, quest’ultima in particolare si riferiva non solo al dono di conoscere il segreto dei cuori umani e di prevedere gli eventi futuri, ma anche alla possibilità concreta di guidare i cristiani sul piano storico. E ciò non tanto in funzione di un vantaggio spirituale, quanto invece del loro comportamento politico.

Un caso decisamente emblematico fu quello della monaca di Dresda. Di lei si sa purtroppo molto poco a causa di una scarsissima documentazione al riguardo.

Questo, nonostante nel 1808 fossero stati rinvenuti manoscritti a lei attribuiti: circa trentun lettere destinate ad alcuni regnanti (Vittorio Amedeo di Savoia, Carlo XII di Svezia, Pietro I di Russia, Federico I di Prussica, Filippo V di Spagna, Anna d’Inghilterra, Luigi XIV di Francia, Rinaldo d’Este), cardinali, un papa (Clemente XI) e altri religiosi della chiesa cattolica.

In uno dei documenti è incluso qualche elemento sulla scarna biografia di questa figura femminile eccezionale. Nata a Dresda nel 1680, la monaca sarebbe vissuta e morta “in un convento sulle rive dell’Elba, poco lontano dal palazzo reale” nel 1706, a soli ventisei anni. Scelta come “messaggera e anello di congiunzione” tra entità divine e mondo terreno, nonostante fosse semianalfabeta scrisse in tedesco, latino e addirittura in entrambe le lingue.

Nelle missive ai personaggi storici la monaca prediceva eventi particolari che li riguardavano in prima persona e che in seguito sarebbero accaduti alla loro discendenza o alla nazione; quelle indirizzate ai religiosi vertevano semplicemente su avvenimenti di carattere generale inerenti l’evoluzione storica, la tecnologia, la scienza.

Interessante notare comunque che in tutte le lettere – comprendenti profezie fino al 3000 circa – risaltava l’importanza attribuita a una “voce” che suggeriva alla monaca ciò che avrebbe dovuto immortalare negli scritti.

Inizialmente distaccato, il rapporto di questa donna con quella che verrà in seguito definita la “soave voce” diventò sempre più passivo, al punto che in alcuni passi della sua produzione epistolare ella descrisse anche alcune “visioni” che, preannunciate dalla “voce”, erano accompagnate da una “luce”.

 

Uno dei messaggi senz’altro più toccanti della veggente di Dresda riguarda le tre piaghe della purificazione, da intendersi relative alla “fine del figlio”, cioè il 2000: “In quel tempo si renderà necessaria una pulizia generale, perché l’uomo avrà fatto scempio di ogni cosa. E la pulizia richiederà sofferenza e dolori per tutta l’umanità, perché tre piaghe verranno a mondare la fine di questo tempo. Ci sarà una pestilenza mortale, che cadrà come una pioggia e colpirà soprattutto i corrotti nella carne, i viziosi, i figli di Sodomia e Gomorra. E poi ci sarà il fuoco, ma nessuno vedrà le fiamme e nessuno vedrà il fumo. E tutto sarà trasformato in cenere e quella cenere conterrà la morte.. E poi ci sarà la grande siccità e la grande fame e sulla terra si apriranno ferite profonde e non crescerà più il grano¸ma cresceranno solamente erbe avvelenate… Le stagioni cambiano il loro colore. E il sole cambia il suo calore. I tempi del raccolto del grano verranno modificati e nulla di quello che l’uomo considerava “immutabile” rimarrà come prima. Cambieranno anche i colori della natura. Molti frutti dei campi saranno velenosi e uccideranno uomini e animali. E tutto questo avverrà in un tempo in cui l’uomo avrà sperperato il grano e avrà sperperato l’acqua”.

Saranno tre i segni premonitori della catastrofe imminente: la terra delirante, la pazzia umana e impronte nel cielo. La crosta terrestre si modificherà in più posti specialmente nel Mediterraneo (“il mare della storia”). L’uomo e la natura modificheranno molte cose. L’Adriatico diventerà un lago, città situate “al monte che si troveranno improvvisamente al mare”. “Molte stelle scompariranno alla vista e molte altre diverranno visibili. E’ questo il tempo in cui gli uomini non parleranno più, ma grideranno senza capirsi. La torre di Babele tornerà sulla terra”: questa volta, però, sarà l’uomo a crollare.

La profetessa teutonica non trascurò di pronunciarsi anche sugli ultimi pontefici che si alterneranno sul trono di Pietro (e che precederanno la nuova età delle catacombe) attribuendo a ciascuno un preciso simbolo. A Giovanni XXIII, ad esempio, associò un “Cavallo Rosso, segno del Precursore”; a Paolo Vi un “Cavallo Nero, segno di Beniamino”. Un “Cavallo Bianco, segno di Pietà” era invece riservato a Giovanni Paolo I e mentre per Giovanni Paolo II vedeva “l’Angelo Mastro di Giosafat, con ,il segno dei dodici”,a Benedetto XVI era riservato “l’Angelo Guida di Giosafat, con il segno della Gloria”. L’ultimo papa sarebbe stato contraddistinto da un altro Angelo, quello “della Pietà, con il segno del Martirio”.

Alcuni cercarono di individuare un certo nesso tra i colore stesso dei destrieri (riconducibile alla mitologia legata ai Cavalieri dell’Apocalisse) e il periodo storico relativo ai pontefici. In base a tale chiave di lettura, i cavalli bianchi avrebbero dovuto corrispondere alla vittoria del potere spirituale della Chiesa; quelli neri a un periodo di equilibrio e giustizia, mentre i gialli e i rossi sarebbero stati collegati rispettivamente alla morte – trovandosi in corrispondenza con le guerre mondiali – e al cavaliere che toglieva la pace, dunque a un periodo prebellico.

Secondo la monaca, l’ultimo pontefice giungerà dalla Germania.

Esistono tuttavia profezie maggiormente significative della monaca e tra di esse non va dimenticata la “visione” circa la conversione sovietica, nel corso della quale la veggente assiste al rogo e alla resurrezione della “Croce di Cristo sulla grande piazza della santa Russia”. Interessante è l’insistenza posta dalla monaca su questo messaggio, a proposito del quale non cessò di ribadire che “sulla terra della santa Russia, il Salvatore verrà crocifisso e risorgerà sfolgorante di gloria e la sua luce sarà la resurrezione di tutto il mondo” (una conversione al cattolicesimo in ambito sovietico fu del resto ribadita anche in altre profezie).

La “resurrezione del mondo” dovrà però essere preceduta dalle “giornate dell’arcangelo Michele”, che “purificheranno i venti”. Si tratterà di un periodo doloroso, in quanto il passaggio da un vecchio regime a un nuovo criterio esistenziale non sarà certo privo di sofferenze. Ciò nonostante, al termine del suddetto intervallo di tempo, dalla Russia si innalzerà al cielo un suono festoso di campane.

In un altro messaggio profetico, la monaca di Dresda si espresse in maniera lapidaria: “arriverà un giorno in cui l’acqua avrà l’odore della carne morta e in cui tutta la terra diventerà un enorme letamaio. Verso la fine tutto sarà un veleno perché sarà l’uomo che avrà decretato di uccidere l’uomo. Il ventre marcio della terra farà più morti della guerra. Ma ben pochi combatteranno per la pace e poi tutto sarà marcio. E poi tutto sarà morte. All’albe dell’età dello spirito, il ventre enorme della terra verrà riempito di zolfo e poi verrà purificato”.

L’epoca della “grande confusione e incomunicabilità” venne analogamente inquadrata in modo decisamente dettagliato dalla profetessa, che circoscrisse tale evento tra due date precise: “tra il 1850 e il 2000”, scrisse infatti, “verrà edificata sulla terra un’enorme quantità di Torri di Babele. Tutti parleranno ma nessuno riuscirà a intendere ciò che dicono gli altri e le macchine aumenteranno la confusione, perché giungerà il tempo in cui la voce dell’uomo non conterà più, ma sarà la macchina a parlare. E nessuno capirà quella parola”.

Non solo. L’arco di tempo compreso tra il 1940 e il 2010 risulterà tuttavia il momento maggiormente critico per l’umanità, poiché la corte di Lucifero si insedierà stabilmente sulla terra: “dominerà sulla terra la gerarchia satanica”, sono a tale proposito le parole della monaca, “guidata da un demone che parlerà la lingua di Attila, ma che indosserà le vesti di Cesare”. Gli ultimi tempi, dunque, vedranno il grande inganno (Attila che si vestirà come Cesare) alla guida del mondo. Degrado umano e orrori di ogni genere precederanno la fine del pianeta (prevista intorno al 3000); nel frattempo si verificheranno ovunque immani catastrofi naturali e turbamenti fisici che raggiungeranno il culmine nel corso degli anni 2419, 2483, 2490, 2516 e cosi via fino al disastro imminente. Allora, dopo le due ere del Padre e del Figlio, avanzerà quella dello Spirito Santo, che segnerà appunto l’inizio della fine.

Oggettivamente, rileggendo con estrema attenzione le parole espresse da questa figura carismatica e oscura di un passato non così remoto, risulta impossibile non riscontrare allarmanti analogie con alcune grandi tragedie dell’umanità contemporanea. Aids, pestilenze, carestie che si allargano a macchia d’olio, allarmi climatici e ambientali, ma anche eccessivo sviluppo tecnologico destinato a incrementare l’incomunicabilità tra gli individui, trame politiche occultate alle masse nonché violenze crudeli, eccidi e stragi immotivate. Tutto induce a profonde riflessioni non soltanto, ovviamente, sul senso dei messaggi della monaca, bensì anche (o forse soprattutto) sul valore della profezia in quanto tale. Una considerazione è comunque d’obbligo: laddove vi è sincerità di intento, non trova posto la critica.

Detto questo, è opportuno sottolineare che la profetessa di Dresda non rappresentò sicuramente un caso isolato nel quadro delle figure femminili che nel corso dei secoli seppero distinguersi per la loro intima capacità di trascendere le barriere temporali inseguendo esclusivamente la voce dell’anima. Basti pensare a Ildegarda di Bingen, ad esempio, della quale, se possibile ci occuperemo in un altro momento.

Rita Cugola -

Nata a Milano, dopo gli studi universitari ha deciso di dedicarsi all'attività giornalistica occupandosi di recensioni musicali, cinematografia e spettacolo. In seguito, si è specializzata in questioni di politica estera e problematiche sociali in particolar modo legate al mondo delle donne e degli immigrati, temi sui quali ha scritto per diverse testate italiane e straniere.

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