In tempo e in fuga


MunroSaranno questi ventotto anni - che stanno per posizionarsi sopra di me come una nuvola sulla mia testa tutt'altro che passeggera, per vedere fino a che punto riesca a reggerla -; sarà questo momento, a cavallo tra il desiderio ideale di costruire e la realtà che mi obbliga a cercare; sarà che sento che questo – questo adesso e questo ora – è il mio presentepassatofuturo, tutto insieme, che mi costringe ad agire e mi fa sentire il peso di ogni scelta (quella di ieri che incide sul mio oggi e che intacca il mio domani); sarà questo mio tempo, che mi fa riflettere sul Tempo. E mentre io penso, i giorni diventano passato e io mi perdo, perché continuo a stare lì, in quei pensieri di ieri. E mi sembra che tutto sbiadisca in un momento: nello spazio di una riflessione si consumano le mie ore, le possibilità a me concesse.

La mia mente è un paesaggio di collina: c’è foschia, è mattino presto, un vecchio giorno se n’è andato e uno nuovo sta arrivando.
Cammino distratta e preoccupata, ho la sensazione di scappare da qualcosa.
È in questo scenario offuscato e disabitato che trovo quello che stavo cercando: si chiama Alice Munro e il suo nome mi è familiare.

Ogni giorno qualcuno mi dà un consiglio: “Leggi questo, ascolta quest’altro, vedi questo film”. Mi fa piacere, sì, mi piace condividere e ricevere stimoli, ma la maggior parte delle volte non sono pronta a seguire i suggerimenti. O almeno, non subito. Io ho i miei tempi – talvolta sono lunghissimi, lo ammetto –, ma so quando è il tempo di qualcosa. Giorni, mesi, anni dopo, ripesco quei consigli e, magicamente, ogni volta mi stupisco nell'esclamare: “Giusto in tempo!”.
Conoscevo Alice Munro, me ne avevano parlato, ma io non ero un’amante di racconti (non era ancora arrivato il loro momento); sapevo che la Munro aveva scritto un solo romanzo, ma non volevo conoscerla così. Ho aspettato, e il tempo – in fondo, mio amico – mi ha ricompensato. Testimone del nostro primo incontro è stato In fuga, una raccolta anomala di otto racconti, tre dei quali legati tra loro dalla storia della stessa donna.
Le protagoniste sono sempre loro, personaggi femminili, fragili ma ostinati, che si muovono nel tempo, fuggono e a volte tornano, o si perdono, ma scelgono di vivere.
Mi colpisce la dilatazione del tempo che avverto in ogni racconto; la brevità delle pagine è un inganno e non mi impedisce di percepirne la durata, di prendermi quello spazio di cui ho bisogno – e che solo nel romanzo pensavo si potesse trovare – per affezionarmi, appassionarmi e immergermi nella narrazione.

Le sue storie mi trasportano in uno stato di tranquilla riflessione, in cui penso alla mia vita, alle decisioni che ho preso, alle cose che ho fatto e che non ho fatto, al tipo di persona che sono, alla prospettiva della morte. Munro rientra in quel piccolo gruppo di scrittori, alcuni viventi, la maggior parte defunti, a cui penso quando affermo che la narrativa è la mia religione. Perché, quando sono immerso in un suo racconto, riesco ad accordare a un personaggio completamente inventato il solenne rispetto e il tacito sostegno che accordo a me stesso nei miei momenti migliori.

(J. Franzen, Più lontano ancora).

Come può starci una vita intera, lì, chiusa in così poche pagine? Alice Munro sa raccontare e io, da tempo non mi sentivo tanto coinvolta in una storia … voglio sapere come andrà a finire – non importa se sono stanca, se domani la sveglia suonerà presto, se gli occhi mi si chiudono e io stavolta il tempo non ce l'ho -, ma voglio andare avanti. Non posso fare a meno di immedesimarmi in queste donne, di combattere con loro, per loro, perché ho la sensazione che, se ce la fanno loro, ci potrei riuscire anch'io.
Il titolo che dà il nome alla raccolta non è casuale: il tema della fuga è sempre presente, in alcuni casi è breve (avviene in una notte, si concretizza nella possibilità di una partenza, anzi, nella sua illusione), in altri è più duratura e finisce col determinare il corso di una vita, come accade nei tre racconti legati tra loro da una stessa protagonista, Juliet. Anche il fato è sempre in agguato, pronto a tradire, a ingannare chi per un attimo ci aveva sperato.


Se solo fosse arrivata un po’ più tardi. Un po’ prima. Se fosse rimasta fino alla fine dello spettacolo, o se l’avesse saltato del tutto. Se non si fosse preoccupata dei capelli. […] Ormai era difficile dirlo, come sarebbero andate le cose. Era sfumato tutto in un solo giorno, in un paio di minuti, e non in un susseguirsi di crisi e tentativi, lotte, speranze e delusioni, nel modo lento e faticoso in cui di solito sfumano come quelle. Ma poi, se è vero che alla fine tutto si guasta, non è forse più facile sopportare che accada in fretta?

(Dal racconto Scherzi del destino, In fuga, A. Munro).

E insieme alla fuga, al destino, c'è il rimpianto, o quello che si è deciso di rimpiangere, a causa di scelte passate, forse sbagliate. Quello che non abbiamo vissuto possiamo solo immaginarlo, e non sapremo mai se quella sensazione di ‘migliore’ sia solo l’effetto dell’irreale.

I suoi figli sperano solo che non abbia preso la decisione di Vivere nel Passato. Ma secondo lei le cose non stanno così; quello che ci terrebbe a fare, ammesso che gliene rimanga il tempo, non è tanto vivere nel passato, bensì aprire quel pacco e guardarci dentro come si deve, per una volta.

(Dal racconto Poteri, In fuga, A. Munro).

Inevitabilmente, mi ritrovo a interrogarmi sulle mie, di scelte. Autoreferenziale, come sempre. A che serve la letteratura se non posso riportarla a me, al mio vissuto, se non posso trarne uno spunto per essere migliore? Io dai libri imparo a crescere, a migliorarmi, a correggermi. Vorrei poter rispondere che tutto è andato come previsto, che la sensazione di malinconia, nostalgia e rimpianto – che avverto tra queste pagine – non mi appartiene, e invece la sento così vicina che mi vedo sempre lì, in quel paesaggio, mentre cammino ... e passa il tempo, e passo io. Ho ancora una vita davanti, penso, ma adesso ho un terrore irrazionale che uno di quei lassi di tempo (senza parole, come quelli che Alice Munro decide di non scrivere) mi avvolga e, senza darmi il tempo di “aggiustare”, mi porti lì, in quel nuovo presente che, ingenuamente, credevo di vedere lontano.

Continua a sperare di ricevere una parola da Penelope, ma senza perderci il sonno. Spera, come la gente di buon senso può sperare in una felicità immeritata, un perdono spontaneo, roba così.

(Dal racconto Silenzio, In fuga, A. Munro).

Stella Larotonda -

Mi chiamo Stella e sono nata a Roma 27 anni fa. L’infanzia e l’adolescenza le ho vissute in provincia, a Velletri, città con la quale ho un rapporto di amore-odio. Sono laureata in Discipline dello spettacolo a La Sapienza di Roma, con due tesi – perché oggi non basta scriverne una – una sulla drammaturgia contemporanea, l’altra sulla Commedia dell’Arte.
Ho sempre avuto mille interessi e spesso mi chiedo se sia questo il motivo per cui faccio fatica a visualizzare quello che voglio fare davvero. Ma poi penso che sono in perfetta linea con la nostra epoca flessibile e carica di stimoli e mi dico che va bene così. Le mie costanti: la scrittura, i libri, il teatro, la musica, il cinema, i viaggi, il mare e lo sport. Quattordici anni di ginnastica ritmica, mai a livello agonistico (avevo troppa pancetta e il body attillato mi stava malissimo). Ho scritto un po’ per il teatro, ma sono molto pigra: certe volte scrivo e certe volte smetto di scrivere. Ma la verità è che non smetto mai veramente di scrivere. Adoro la solitudine e qualsiasi attività che mi porti a trascorrere del tempo con me stessa. Attualmente vivo tra Roma e Velletri, non ho un lavoro, non ho un fidanzato e non ho una casa tutta mia; ma ho una nipotina meravigliosa, amicizie importanti sparse per l’Italia, e la voglia di affrontare con entusiasmo tutta la precarietà che ho intorno.

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