Io sono Malala
di Ilaria Ciattaglia
«Perché non io?». Io sì che volevo che il mondo sapesse che cosa ci stava succedendo. «L’istruzione è un nostro diritto», dissi. Esattamente come è un nostro diritto cantare. L’Islam non ci ha negato questo diritto, anzi, prescrive che ogni ragazzo e ogni ragazza vadano a scuola.
Perché non lei? Malala Yousafzai, attivista pakistana, candidata al premio Nobel per la pace per il suo impegno nella lotta per l’emancipazione delle donne musulamane; portavoce del diritto all’istruzione gratuita a tutti i bambini durante l’assemblea delle Nazioni Unite; vittima di un attentato quasi mortale da parte dei talebani, da cui è stata ferita con un proiettile, che l’ha colpita alla testa e al collo mentre tornava a casa da scuola. Perché non lei? Malala Yousafzai, sedici anni.
Io sono Malala è un libro sì autobiografico, ma anche e soprattutto di informazione e denuncia; un libro per tutti perché, come sottolinea la giovane attivista, tutti devono sapere quello che succede nella sua amata terra, lo Swat, una splendida valle situata a nord del Pakistan.
Non ha paura di parlare Malala, perché sa che ogni sua parola di denuncia è un passo in più verso quella libertà che i talebani hanno sempre privato alla comunità pashtun. Racconta così la storia del Pakistan, nato solo nel 1947, ma negli anni profondamente colpito sia dalle forze naturali, il terremoto del 2005 e la devastante alluvione del 2011, sia dalle forze umane, ossia la presa di potere da parte dei talebani.
E mentre i fucili e le bombe sono le armi usate per uccidere e aumentare il clima di terrore nella valle, Malala a undici anni comincia a scrivere su un blog della BBC, narrando la vita sotto il dominio talebano. Nei suoi pensieri il Corano viene descritto come “arma” fondamentale per dimostrare i veri insegnamenti dell’Islam, tra cui il diritto di ognuno all’istruzione e l’importanza della donna, non vista come elemento nascosto sotto il purdah e completamente dipendente dall’uomo, ma come suo pari. Proprio attraverso questi aspetti la giovane ci presenta la sua famiglia: la madre, una donna non istruita, ma con un grande senso dell’altruismo e, per sua scelta, dedita alla casa e ai figli; e il padre, dirigente scolastico, il suo punto di riferimento più importante, colui che la incoraggia a proseguire la sua battaglia per la libertà, nonostante sa che questo suo esporsi può costarle la vita.
Mio padre mi diceva sempre: «Ci sono io a proteggere la tua libertà, Malala. Continua a coltivare i tuoi sogni».
Scritto a quattro mani con Christina Lamb, importante corrispondente di guerra in Pakistan e Afghanistan, nel libro emerge la semplicità di linguaggio che appartiene alla stessa Malala, un’adolescente di sedici anni.
Un libro importante, sia per il forte racconto della protagonista sia per una documentazione più didattica, mirata all’informazione sulla storia e sulla situazione attuale dei paesi colpiti dalla politica del terrore talebano.
Dopo l’attentato alla sua vita nell’ottobre 2012, Malala è stata trasportata d’urgenza all’ospedale di Birmingham in Inghilterra, dove viene salvata, riacquistando pian piano l’80% della mobilità facciale. Da quel fatidico giorno la ragazza non ha “ancora” fatto ritorno nel suo paese, ma ciò non la sta fermando, continua apertamente la sua lotta per la libertà delle donne e per l’istruzione globale.