Il governo val bene un sorriso
di Sara Meddi
Il governo val bene un sorriso
Di Berlusconi oltre ai Bunga Bunga ricorderemo anche le barzellette con cui, per vent'anni, ha devastato le nostre giornate. Si è divertito, voleva farci divertire. Poi le cose sono cambiate. Nel suo libro, Il Re che ride, Simone Barillari indaga la comicità del Cavaliere nostrano e le furbe manipolazioni che inneggiano alla comicità come arma di distrazione di massa...
Sara Meddi intervista Simone Barillari sul suo ultimo libro, Il Re che ride.
Il libro - Il barzellettario completo del Presidente del Consiglio. Vent'anni di barzellette, novantasette storielle raccolte per la prima volta. Barillari ricostruisce anche il contesto: l'impietosa stoccata a un avversario, un insegnamento morale o pratico, il sottile cenno d'intesa a un alleato, una pura parentesi d'intrattenimento, qualche pillola della sua filosofia imprenditoriale, un'imbarazzante verità su di sé detta scherzando. Un rivelatorio breviario berlusconiano, un'analisi puntuale dei metodi della comunicazione comica di Silvio Berlusconi, ma anche un'importante riflessione su come la comicità, da arma contro il potere, sia divenuta strumento di governo, e su come alla figura di re si sovrapponga quella del buffone. Come il potere si è appropriato della satira trasformandola in uno strumento per generare consenso.
L’autore - Simone Barillari (1971) ha firmato curatele e traduzioni per alcuni dei principali editori italiani e collabora con le pagine letterarie di vari quotidiani. È stato ideatore e direttore di collane di letteratura e ha dato vita alla casa editrice Alet, che ha guidato fino al 2005. Su www.youtube.com/user/IlReCheRide le migliori barzellette raccontate da Silvio Berlusconi
Come è nato il libro?
L’inverno scorso, sfogliando Il Giornale, mi è caduto l'occhio su un trafiletto laterale che riportava, accanto a un ampio articolo su Berlusconi che aveva tenuto un comizio, una barzelletta che lui aveva raccontato durante quello stesso comizio e che era una sorta di ironico pendant alla situazione in cui si trovava a parlare: Berlusconi era a un convegno di industriali, e aveva detto una lunga barzelletta in cui trasforma il paradiso in un’azienda.
Ho pensato che negli anni erano state raccolte più volte le sue battute e le sue gaffe, ma mai le sue celeberrime barzellette, e che forse raccogliere e analizzare criticamente le sue “storielle”, come lui ama chiamarle, poteva essere l'occasione per un’analisi obliqua del personaggio e dei suoi popolarissimi metodi di comunicazione – la dimensione comica, mi è sempre parso, è il vero arcano della sua persona e del suo potere.
Quali riflessioni “sull’uomo Berlusconi” pensi che si possano trarre dalle sue barzellette?
Una delle cose più interessanti che mostrano le sue barzellette, in cui Berlusconi si rappresenta non solo come Cristo, Nerone o Napoleone ma anche, a volte, come un uomo piccolo e brutto, come l’uomo più stupido d’Europa, come un grande bluff, è che Berlusconi è dominato da un doloroso, urlante complesso d’inferiorità e che intorno al suo complesso d’inferiorità è cresciuto, come un mostruoso carapace, come un gigantesco ispessimento protettivo del suo io, uno spaventoso complesso di superiorità. Messia o miserabile, Berlusconi si sente comunque diverso da tutti, e quando qualcuno che si sente diverso da tutti gli altri non sopporta più il pensiero di essere l’ultimo degli uomini, non può che gridare di essere il primo. Questo, peraltro, è anche il motivo per cui Berlusconi si sente così invincibilmente solo anche se è in mezzo a così tante persone, essendo l’amicizia un rapporto tra uguali.
Qual è la tua interpretazione dell’uso che Berlusconi fa della comicità e della manipolazione che ne deriva?
Per quanto possa sembrare strano, Berlusconi usa veramente le barzellette per sedurre: vuole far ridere le donne, come fanno spesso gli uomini che non sono né belli né affascinanti. Sanno che una donna che ride concede un varco nel volto e non si difende più, che una donna che ride chiude gli occhi nella risata e non giudica più l’uomo che ha di fronte. Ridere è distrarsi, e l’uomo che fa ridere una donna la distrae innanzitutto da se stesso.
Come tutti gli uomini insicuri, Berlusconi oscilla vertiginosamente tra lo scherzo e la minaccia, spesso nella stessa frase, e così usa a volte le sue barzellette con le donne non solo per provare a divertirle ma anche per fare la voce grossa. La barzelletta del “bunga bunga”, una barzelletta che parla di sodomia e morte, e altre sue barzellette spinte, come quella del cannocchiale, sono minacce appena velate da un sorriso – in fondo, ridere è anche mostrare i denti. Alle donne che entrano nella sala del “bunga bunga” la storiella annuncia, metà scherzo e metà avvertimento, che chi resiste a Berlusconi non potrà comunque fare a meno di fare, lì dentro, quello che lui vuole fare.
Al tempo stesso le barzellette di Berlusconi dicono anche più di quanto Berlusconi vorrebbe dire, soprattutto adesso che, invecchiando, Berlusconi è diventato un raccontatore tourettico di barzellette, sempre meno capace di trattenersi anche quando dovrebbe – è come se attraverso la comicità affiorassero continuamente i suoi pensieri repressi, quelli che il suo ruolo istituzionale gli impedisce di rivelare ma che lui fatica a reprimere. Le barzellette, in fondo, sono il suo inconscio che parla e dice tutto, spesso suo malgrado. Dice i suoi giudizi più nascosti su questo e su quello, dice le sue frustrazioni e le sue fantasie, dice quello che pensa veramente di sé (sono un messia, sono uno stolto) e quello che pensa delle donne (le belle donne giustamente costano, ma poi devono comportarsi bene).
Qual è il ruolo della donna e dell’uomo in questa comicità?
Ho la sensazione che a volte Berlusconi racconti barzellette spinte alle donne meno per piacere che per dovere, che le battute volgari come il “bunga bunga” siano meno un ammiccamento alle giovani donne davanti a lui che agli altri uomini anziani dietro di lui. Berlusconi appartiene a quel genere d’uomini e a quella generazione di piccolo borghesi che si sentono quasi in obbligo di fare un apprezzamento pesante a una bella donna, non soltanto perché pensano che le donne, tutte un po’ puttane, sotto sotto gradiscano e anzi quasi se lo aspettino, ma anche perché quegli uomini vogliono dire agli altri e a se stessi che loro, vecchi lupi, hanno forse perso qualche pelo ma di certo non il vizio virile. C’è una barzelletta emblematica che Berlusconi va raccontando da qualche tempo: «Stamattina in albergo volevo farmi una ciulatina con una cameriera. Ma la ragazza mi ha detto: “presidente, ma se lo abbiamo fatto un'ora fa...”. Vedete che scherzi che fa l'età?». Ecco, passano gli anni e Berlusconi ammette piuttosto di perdere la memoria che la virilità.
Qual è la tua interpretazione della comicità di Berlusconi nel fenomeno del “bunga bunga”?
Tutto negli appuntamenti galanti di Arcore e di Palazzo Grazioli si ripete sempre identico in un mesto cerimoniale che rivela la profonda, incolmabile insicurezza di sé che attanaglia Silvio Berlusconi. Raccontano le ragazze che Berlusconi mostra loro filmini in cui è ai summit internazionali accanto ai grandi della Terra, che Berlusconi suona al piano canzoni napoletane o canta accompagnato da Apicella, che Berlusconi recita ridendo una barzelletta dopo l’altra. Quanto dev’essere grande l’insicurezza di un uomo che è tra i più famosi, ricchi e potenti del mondo ma si sente di doverlo ricordare insistentemente, di sfoggiare la sua vicinanza a Bush o a Putin come farebbe un qualsiasi proprietario di una trattoria che in una foto autografata appesa vicino alla cassa sorride insieme a un attore della tv venuto a mangiare da lui? Quanto dev’essere grande l’insicurezza di un vecchio magnate che accoglie le sue giovani e poco illustri ospiti in una reggia lussuosa con tavole imbandite e invitati importanti, eppure vuole far vedere loro quanto è bravo come intrattenitore e prova a compiacerle con vecchie barzellette e canzoncine sdolcinate?
Berlusconi è un narciso, e il narcisismo richiede sempre un’assidua costruzione dell’immagine che un uomo ha di sé contro le dolorose smentite della realtà quotidiana, un martellante raccontare del “bunga bunga” per riuscire a dimenticare che le donne di cui si circonda lo chiamano «culo flaccido». Anche per questo Berlusconi così spesso dice e ridice le stesse cose, le stesse storielle, per convincere se stesso, per ripetersele e per rendersele più vere ogni volta che le ripete. È a sé, dunque, che Berlusconi dice innanzitutto le sue barzellette, per tirarsi su, per rassicurarsi e per sentirsi meno solo: le sue storielle sono le piccole, necessarie favole che Berlusconi si racconta continuamente.
Mi sento di farti anche un altro tipo di domande, più legate al tuo modo di vivere la scrittura.
Per esempio puoi dirmi come si svolge la tua giornata da “scrittore”? C’è un “metodo” o un “rigore” che segui quando scrivi?
Lavoro ogni mattina tra le cinque e le sei ore di fila. Lavoro in silenzio, senza orologio, senza internet, con il telefono spento. Scrivo poco, riscrivo molto – scrivere è la mia deliziosa pena. Lavoro sempre, lavoro nella testa anche quando non lavoro alla tastiera.
Ogni dedica ha una storia particolare. Come nasce la dedica di questo particolare libro?
Il libro è dedicato alla donna che mi ama, e che rende migliore me e il mio scrivere. Dedicando il libro a lei e scrivendo «per sempre», sto dicendo che non so come sarà la mia vita negli anni a venire se non che sarà con lei, e tra i libri.
Puoi dirci se hai un nuovo progetto editoriale in cantiere?
Sì, ne ho due. Un libro che viene da un testo che ho scritto tre anni fa, e che mi accompagna da allora. Un progetto editoriale che viene da un’idea che ho avuto tre mesi fa, e che mi incalza ostinatamente.
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