Plinio Pirilli e la religione del rapporto amoroso
di Fausta Genziana Le Piane
Da sempre l'amore affascina l'uomo. Scrittori, poeti e pittori ne hanno tessuto le lodi. Ecco un Canzoniere amoroso in cui il sentimento vola e si libra in alto, sulle nostre teste....
“Sola non cura il mio tristo languire,
e sola il può curar; ché solo a lei
il mio viver è in mano e il mio morire. »
(Matteo Maria Boiardo, Amorum libri tres)
Le parole con cui Plinio Perilli mi ha preannunciato l’invio del suo ultimo libro – questo inesorabile e inesauribile CANZONIERE D’AMORE. Tutto meritato, vissuto, sofferto o goduto in prima persona, e solo DOPO testimoniato, ricordato, seminato...sulla pagina! - ci spingono a fare alcune riflessioni sulla scrittura: si compone durante o dopo ogni esperienza vissuta? Durante, come nel caso di Isabel Allende che in Paula scrive il lucido diario - una sorta di lettera privata - della malattia della figlia, tra presente e passato, framezzati da lunghi flashback o a posteriori, come nel caso di Casanova o di Dante Alighieri: Nel mezzo del cammin di nostra vita MI RITROVAI in una selva oscura…?
Si scrive per se stessi o per gli altri? Che ruolo ha la memoria? E ancora, perché si scrive? Tabucchi sapeva bene di non poter fornire una risposta univoca: “Si scrive per stabilire una vicinanza d’altro tipo con il mondo, simile a quella del bambino che, quando gioca, assume come verità incontestabile il suo stesso gioco. Una verità espressa sul piano simbolico, per la quale la finzione supera e sconfigge l’illusione, diventando così ‘prassi’, sforzo fisico. Insomma, la scrittura è una forma di riappropriazione del mondo”.
In definitiva, Plinio si dedica all’arte dopo aver vissuto (Yukio Mishima, Lezioni spirituali per giovani samurai, p.7): L’età è volata, ed ora, vedi?, la racconti (…).
Plinio descrive molto intensamente un percorso interiore lineare e strutturato. D’altronde l’amore ha i suoi tempi, dal primo bacio fino alla sua conclusione. E noi ci immedesimiamo, ognuno con la propria storia, in questa che è LA STORIA di un amore, di tutti gli amori fioriti o sepolti dalla Storia.
Si comincia con un bacio - baciando s’insegna il bacio; labbra-dono; baciavo in te, con te, la vita, ecc. -. Come quello di Rodin? Di felicità pura, chiarezza accecante, (Com’è che ti baciai?, p. 14), con forza e piano. Bacio-fusione: quattro labbra un bacio (Desiderio, p. 45).Come non ricordare Cyrano di Bergerac che del bacio scandaglia tutti i più reconditi significati? Un bacio – ma cos’è poi un bacio? Un giuramento un po’ più da vicino, una promessa più precisa, una confessione che cerca una conferma, un apostrofo roseo fra le parole t’amo, un segreto soffiato in bocca invece che all’orecchio, un frammento d’eternità che ronza come l’ali d’un ape, una comunione che sa di fiore, un modo di respirarsi il cuore e di scambiarsi sulle labbra il sapore dell’anima. Il bacio è il momento in cui dall’”io” e dal “tu” si diventa “noi”, in cui ci si assoggetta al “noi” vincente: E il Noi così inizia, /annettendo, soggiogando l’Io - Com’è che ti baciai? p. 14). Bacio che non si rinnega mai…
L’amore nasce (Sempre amore è una nascita, p. 15) e, come nelle liriche di Charles Baudelaire, la donna è vista come un viaggio: Ti penso come un bel viaggio (Un’anima, p. 16), sospesa tra realtà e sogno, viaggio tutto interiore per Plinio, Da me in me, fino a te, esteriore, ammantato di lusso, ma tuttavia interiore, quello di Baudelaire: Fanciulla mia, sorella, / Non pensi tu alla gioia / Di vivere laggiù? / Amar senza fine / E sino alla fine / In quel paese che assomiglia a te! (Charles Baudelaire, Les fleurs du mal, Mursia, 1980, Invito al viaggio, p. 135). Perché esiste UN LUOGO per l’amore, per Plinio è il cielo.
L’amore nasce e non sa ancora di sé, non è cosciente, non è sicuro di sé, procede a tentoni: Non t’amo e t’amo – da oggi, oppure / non ancora (Nato per te, p. 30). Sarà amore?
Dopo, seguono il pensarsi intensamente, le promesse, le confessioni, le sofferenze, i rancori, le speranze di un amore eterno, di una comunione fatta di respiri reciproci, le distanze, le dolorose assenze (Mare in sogno, p. 130), le liti, i malesseri: Mi manchi, ed ora così, trasparente, / mi visiti…(Cielo della domenica, p. 53), il deserto, la fine. Noi che leggiamo immedesimandoci nella storia di Plinio, che viviamo con lui l’evolversi dei sentimenti e della passione, che, seguendo forse con un po’ d’invidia questi amanti in volo, ci rassereniamo, ci chiediamo anche: quando si arenano i colori e come? Quando dal cielo poi si tocca terra miseramente in caduta libera? Come si arriva ai deserti dell’amore? Abbiamo sufficientemente annaffiato la nostra rosa? Curato il sogno? Si può smettere di amare? O smettere di amare equivale a non aver amato mai?
Le metafore del sogno (Ma cosa sogni, e soprattutto chi?, p. 136) e del volo ricorrono spesso. Quella del volo è legata e rinforzata da una serie di allusioni che va dall’azzurro (degli amanti, contrapposto al grigio, quello di tutti) al cielo (dove solo Amore può entrare), dalla nuvola (nuvole sono sogni; sogni/nuvole) alla luce, tutto conduce all’atmosfera rarefatta in cui vive l’innamorato, proteso fuori dal mondo, in una sorta di idealizzazione della donna amata. Non tocchiamo forse il cielo con un dito quando siamo innamorati? Anzi la realtà è talmente stravolta che della casa i mobili scompaiono e il soffitto diventa cielo…
In effetti il termine azzurro è frequentissimo, è il colore degli amanti in volo, contrapposto al grigio, quello di tutti – nella lirica Al pianto è citato quattro volte! E quando non è azzurro è blu o celeste: tubando inseguono l’azzurro reso immoto e gentile (Luci della città, p. 118), Manca l’azzurro al cielo (p. 132). È l’azzurro romantico: La letteratura dell’epoca dei Lumi e poi quella del primo romanticismo riflettono la nuova moda dei toni del blu. L’esempio più notevole è costituito dal celebre abito blu e giallo di Werther, che Goethe descrive nel suo romanzo “I dolori del giovane Werther”, pubblicato a Lipsia nel 1774: “Ce n’è voluto che mi decidessi a metter via la mia semplice marsina azzurra che avveo quando feci il primo ballo con Lotte; ma ultimo era assolutamente impresentabile. Ma me ne sono fatta fare una proprio come quella, con bavero e risvolti, e anche con un altro panciotto giallo e relativi pantaloni”. Lo straordinario successo del romanzo e la “werthermania” che seguì lanciarono in tutta Europa la moda dell’abito blu “alla Werther”. (Michel Pastoureau, Blu, storia di un colore, pp.161-162).
Quando siamo innamorati non ci sembra di sognare? L’amata è essa stessa volo: Dalle tue braccia / ali riconosco/ il volo! (Dalle parole, p.21), è nata da un sogno, da un sogno di Dio, fa sognare e trascina in volo, in un mondo arioso, protetto. Donna angelo: Angelo sempre felice, pien di gioia e di luce! (Ch. Baudelaire, op.cit. p. 115). Donna-dea: Se oggi in te m’apparve una Dea, ha amato / un uomo che in cuore l’ha adorata e temuta: / gl’insegnò quell’amore immortale che dura un giorno (Cuore di sasso, p. 42). Quando non è fiore, rosa aulentissima con tanto di steli, petali, spine ecc. per esaltare attraverso la sua bellezza quella della donna amata: (…) mentre / le braccia, dedizioni di verde / che solo il rosa intarsia, celebra / di vene azzurre… Le tue spine (…) (Le ali, le spine, p. 32). La rosa è il simbolo dell’amore e più ancora del dono dell’amore, dell’amore puro…
Il tema del volo trova il suo punto culminante nella sezione intitolata: Grande Ricognizione Aerea 2/33, in Pungiluna e l’Invisibile, pp. 72-85, dedicato all’aviatore-scrittore Antoine de Saint-Exupéry che ha fatto del volo fonte di vita e di scrittura. Anche lui vola di notte con gli amanti. Delicata rievocazione della gioia pura del volo, metafora della vita: quanto costa l’alta quota? Costa quanto si è disposti a rischiare...
La vera protagonista di questo canzoniere è la parola, la parola che viene dal sogno, mima i silenzi, lega tutto, unisce, s’incarna, fa da ponte, che è figlia della Poesia: Le parole si sgranano / a ridarci un’immagine, sterile o soave / un enigma, il quesito semplice censurato / che chiede a Noi Stessi, e agli Altri / di sorriderci! (La chiamata, p. 139). Insomma, scrivere per volare… Scrivere per inseguire, direi l’azzurro, quello di Mallarmé: l’Azzurro trionfa, lo sento che canta / nelle campane (Stéphane Mallarmé, Poesie, Feltrinelli, 1991, p. 35).
Concludo con un’annotazione linguistica: Plinio predilige sostantivi, verbi e aggettivi con la “s” privativa che, davanti ad un termine, ne indica il contrario, come svagato, svelata, smagarla, svapora, sfarinato, spopolato, sbriciolato etc. (viene dal latino ex-, significa uscire da un luogo o da uno stato).
Che cosa toglie? Ma il brutto naturalmente, per lasciare solo il bello!
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