Perdona la domanda... ma tu sei eterosessuale?
di Francesco Masci
“Perdona la domanda... ma tu sei eterosessuale?”
Questa domanda mi è stata rivolta qualche tempo fa, al termine di un'intervista dedicata al neo-dandismo. La stanchezza e il tono (faceto ma cortese) con cui mi fu posta la questione mi spinsero a fornirgli una risposta semiseria, forse un pelino troppo approssimativa.
A più di un mese di distanza mi trovo costretto a fare ammenda, per aver trascurato tutti gli aspetti più interessanti del problema. Che la buonanima di Lord Brummel mi perdoni.
A monte di una simile domanda si collocano due preconcetti forti, parzialmente complementari. Il primo di essi balza subito all'occhio: è nella natura del maschio eterosessuale rifiutare tutto quanto non riguarda le funzioni base dell'essere umano (riprodursi, nutrirsi, marcare il territorio).
Può sembrare un'affermazione innocente, addirittura buffa: e ammetto di trovare estremamente divertente la lezione di virilità a cui si sottoponeva Kevin Kline nel film “In&Out”. Ma l'ironia è solo degli intelligenti, se messa in mano alla maggioranza si trasforma immediatamente in disprezzo.
E proprio quel disprezzo, unito al timore che solo l'ignoranza può creare, scatena un morboso bisogno di inquadramento. Un gentiluomo non è più colui che valuta “la cortesia allo stesso modo del coraggio” (Jefferson). E' piuttosto una creatura bizzarra, a metà tra un vampiro di cartone e una caricatura di Wilde, tutto abiti ridicoli, mossette affettate, sguardi sprezzanti e sdilinquimenti per le cose più pacchiane e costose.
Ora, a parte che i riferimenti a Oscar hanno saturato anche gli appassionati (perché non parlare di Balzac, del conte d'Orsay o di Cary Grant?), nessun vero gentiluomo somiglia anche solo di sfuggita alla caricatura disegnata dal pregiudizio. La migliore smentita passa sempre attraverso il dialogo: anche l'intervista che mi è stata fatta, nata come primo anello di una serie dedicata a vari “personaggi”, si è conclusa con una robusta dose di reciproco rispetto.
Tuttavia, con la caduta dell'inquadramento scatta il secondo pregiudizio: la differenza che non riesco a trovare deve essere obbligatoriamente nascosta. I gentiluomini sono tutti gay.
Per converso, nella mente degli uomini “normali” tutti i gay dovrebbero appartenere alla categoria dei gentiluomini: ritengo che qualsiasi frequentatore degli ambienti ursini possa facilmente smentire questa ipotesi. Anche qui, ho trovato che la miglior cura consiste nella buona vecchia conversazione.
Non è l'orientamento sessuale che ci rende gentiluomini. Partendo dall'educazione, sono le letture, la buona compagnia e la riflessione a renderci tali.
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