Herskovitz e i condizionamenti
di Silvia Gaviglio
Quanto la nostra cultura ci influenza, ci condiziona? I diritti dell’uomo sono universali o legati a momenti geografici, e storici, particolari? C’è chi si è interrogato, e ha scavato…
Con buona pace per Don Abbondio, che certamente non aveva wikipedia a portata di mano per cercare di ricordare chi fosse Carneade, noi non abbiamo pigre scusanti e quindi possiamo inoltrarci ed approfondire, più o meno, a seconda del nostro tempo, del nostro reale interesse, delle reali possibilità, un numero incredibilmente elevato d’intrighi che via via ci si palesano d’innanzi quasi a farci solletico. Anche oltre wikipedia…
I curiosi si distraggono difficilmente da questi guizzi incalzanti nell’aria così ci apprestiamo ad aggiungerne uno, per regalarci un pensiero nuovo. Nella nostra ricerca scopriamo che quest’individuo, Herskovitz, fu antropologo, attento osservatore di altri popoli, delle loro manie e dei loro segreti, della loro storia e delle loro relazioni, dei loro modi di organizzarsi e di vedere il mondo…insomma era un curioso attento, e un viaggiatore. Ce lo immaginiamo già, con un turbante in testa, nel deserto, vestito di lino chiaro , con un taccuino e il sole negli occhi. Ma inoltrandoci nella nostra ricerca scopriamo che quest’individuo che già cominciava a piacerci pose dei dubbi di stile, di profondità e di contenuti relativi alla dichiarazione dei diritti dell’uomo. La Dichiarazione dei Diritti dell’Uomo!
Proprio lei, che studiamo a scuola da ragazzi e che ci accompagna nei nostri pensieri quando sentiamo che in qualche luogo nel mondo tali diritti sono ancora in cerca di applicazione. Ma come si può porsi contro la dichiarazione dei diritti dell’uomo? Perno centrale e di indiscussa importanza per l’umanità? Chi è questo pazzo? A questo punto della storia c’è chi si divide. Chi lo considera pazzo (perché l”invenzione” di tale dichiarazione è qualcosa di fondamentale e importantissimo, ed è difficile in effetti dire che così non è) e chi invece prova a seguire il discorso. Herskovitz aveva già ben in mente cosa sarebbe accaduto con quella dichiarazione, o meglio, data la sua grande esperienza ne comprendeva i limiti.
Proviamo a fare un esempio. Qualche anno fa, durante i mondiali in Corea qualche italiano rimase scandalizzato da uno dei piatti tipici del luogo: il cane. La cosa finì a macchiar di nero le pagine dei giornali dell’epoca. Italiani s’intende. Alcuni volevano protestare contro questa cosa impossibile a credersi. La contraddizione, a ben guardare, è enorme: non ci va che stranieri, immigrati inseriscano la loro cultura nella nostra ma siamo i primi a voler sbarcare in Corea con i nostri punti di vista incontestabili. Cos’è questa testarda tendenza comune a tutti a pensarci più “giusti” di altri? La cultura.
Ecco perché il lungimirante Herskovitz, che si stava occupando, è evidente, di qualcosa di estremamente profondo, nutriva dei dubbi a tal proposito. Perché la dichiarazione si faceva a Parigi ma per ogni individuo sulla terra. Si faceva nell’emisfero boreale, in Europa ma anche per i neozelandesi, per i giapponesi, per gli abitanti del Mali, per gli Inuit, per i cileni. Quindi dovremmo considerarci culturalmente condizionati? Sì. Sembra non esserci via d’uscita…
Il punto di vista è più importante della realtà dunque. O meglio, della verità. Ma c’è una verità? Una oggettività? Anche qui tutti divisi. E’ come dire che un’opinione prevale sulla conoscenza, ma può essere davvero così? Potremmo buttare via il nostro studio, tutto ciò che sappiamo di noi, della nostra storia. No, diamine. Ma un tarlo ci attanaglia. Non è che la nostra cultura un po’ ci condiziona, ci mette limiti, non ci mostra altro? Beh…ma anche Herskovitz sarà pure cresciuto da qualche parte…avrà avuto anche lui una sua cultura in cui è nato e nella quale ha iniziato a studiare? Certo che è così. Siamo tutti culture, più o meno in viaggio. Ed è l’osservazione, l’incontro e la voglia di conoscere che consentono di arrivare alle posizioni di Herskovitz.
La cultura certamente ci suggestiona, ci inserisce e questo ci piace. Ma abbiamo bisogno solo di quella? O possiamo approfondire anche altro e porci ogni volta su punti di vista diversi, contrari? La vita è porsi di continuo domande o viverne una, già programmata, così tanto ed esclusivamente “culturale”? Non sarà mai verità, in un senso o nell’altro, ma il mondo visto da zoom differenti e angoli di visuale diversi sembra più interessante, più ricco di stimoli, più nutriente, con meno nebbia attorno. Grandi spazi, ricchi di vento. Una bussola di cultura ci orienta ma diamo la libertà ai nostri sensi di portarci altrove.
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