Io viaggio da sola, e non ho bisogno di un manuale...
di Eleonora Mammana
Qualche mese fa, gironzolando a caccia di libri, mi sono imbattuta in un titolo molto promettente, “Io viaggio da sola” (Giulio Einaudi Editore, Torino 2102), di Maria Perosino, autrice fra l'altro precocemente scomparsa. Dal momento che amo particolarmente viaggiare da sola, devo ammettere che ho iniziato a leggere questo testo con grandi aspettative. Credevo, infatti, che vi avrei ritrovato tutti quegli aspetti che tanto mi fanno apprezzare questa esperienza. E li ho trovati, in parte, ma ritratti da un punto di vista totalmente diverso dal mio.
Fin dalle prime righe “Io viaggio da sola” si rivela essere una sorta di manuale di sopravvivenza. Già, un vademecum per donne che si trovano, loro malgrado, a viaggiare da sole. Con tanto di istruzioni su cosa mettere in valigia e su come trasportarsela appresso, sui criteri da adottare per scegliere l'albergo e il ristorante giusto, sui vantaggi e gli svantaggi di andare in giro accompagnate da amici/che, colleghi/e o amanti, sul modo in cui affrontare la malinconia, sempre alle porte, su come spostarsi in treno... Insomma dodici capitoli dedicati a offrire consigli, per lo più di ordine pratico, a chi, da sola, in realtà, non vorrebbe viaggiare mai.
L'impressione che si ha nel leggere questo libro, perciò, è che sia indispensabile prendere qualche precauzione prima di affrontare un viaggio in solitaria, al fine di evitare di essere sopraffatti dalla solitudine e dall'imbarazzo che essa suscita in chi si trova di fronte a chi solo non è, almeno apparentemente.
Per di più, nonostante nella conclusione del libro l'autrice dichiari di non aver mai pensato che esistano cose che in quanto donna non si possano o non si debbano fare, dedicando, di fatto, questo manualetto esclusivamente all'universo femminile, sembra proprio intendere il contrario: viaggiare da sole risulta essere un problema esclusivamente per le donne in quanto tali.
La prima obiezione che mi viene da muovere, pertanto, è: siamo sicuri che solo alla donna crei imbarazzo mostrarsi in pubblico, ad esempio in un ristorante o in una caffetteria, non accompagnata? Non credo proprio. Sono convinta che il disagio dettato dal timore di ciò che qualcuno può pensare di noi, soprattutto se facciamo qualcosa di insolito, possa colpire chiunque. La sensazione di essere soli, che è poi ciò che suscita quella paura di essere giudicati, e che è ciò che può far diventare un problema invece di un piacere il viaggiare da soli, a mio parere è comune sia agli uomini che alle donne.
Il secondo appunto è poi: cosa vuol dire viaggiare da soli? È questo che crea problemi, l'essere soli? O è forse il “sentirsi” soli a suscitare sensazioni spiacevoli e a impedire di gustarsi una vacanza? Ma allora se una persona sta bene con se stessa per quale motivo dovrebbe sentirsi a disagio nel trovarsi sola in mezzo a tanti sconosciuti? E, pertanto, che bisogno c'è di un manuale per imparare a spostarsi da soli senza sentirsi tali?
In fondo, in realtà, credo che il messaggio che la Perosino volesse trasmettere fosse proprio questo, solo che per farlo ha scritto una guida di cui nessuno dovrebbe aver bisogno...
Detto ciò, quali sono quei dettagli che fanno apprezzare tanto qualche giorno fuori porta senza la compagnia di fidanzati/e, amici/che, colleghi/e? In primo luogo, a mio parere, la possibilità di rispettare maggiormente i propri tempi, ascoltando soltanto le proprie esigenze, senza bisogno di rendere conto di niente a nessuno. Personalmente in vacanza amo molto leggere e ascoltare musica. Ebbene, sono due attività che tendono a isolare dalla realtà, perciò se si è in compagnia, in genere, si cerca di limitarle. Se ci si trova da soli, invece, si ha la libertà di trascorrere anche l'intera giornata immersi in un libro sotto l'ombrellone, magari sospendendo la lettura solo per fare un tuffo in mare all'ora di pranzo, quando la maggior parte dei turisti, e degli accompagnatori, solitamente si reca a mangiare.
In secondo luogo penso che quando si è da soli si tende ad amplificare i propri sensi: quando ci si gusta un buon pasto, lo si gusta appieno, perché non si hanno altre distrazioni; oppure si può scegliere consapevolmente, per diletto, di origliare la conversazione dei vicini... Per non parlare poi delle sensazioni che si assaporano quando ci si dedica esclusivamente alla cura del proprio corpo: pensate a un soggiorno benessere, durante il quale preoccuparsi solo di godere di trattamenti e massaggi. E ancora, quanto è piacevole il silenzio! Trovo fantastico non dover per forza dire sempre qualcosa per non sembrare inopportuni con chi ci sta accanto. Nulla vieta, poi, peraltro, di fare nuove conoscenze.
Insomma, se non ci si sente soli, da soli si può fare davvero qualsiasi cosa, o quasi, compreso il godersi una bella cena in un ristorante senza provare il minimo disagio nei confronti della coppietta seduta al tavolo di fronte.
Per concludere se la nostra scrittrice sostiene che: “Viaggiare da sole non significa affatto essere sole. Significa che vi dovete arrangiare a portare la valigia”, io invece ritengo che: “Viaggiare da soli non significa affatto sentirsi soli, significa avere la prerogativa di fare per una volta solo ciò che si desidera fare”.
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