“Ma quale amore” di Valeria Parrella
di Eleonora Mammana
Einaudi 2014
“Devo sbrigarmi a scrivere questo libro: ho poche ore di autonomia. Questo è un libro di viaggio del quale mi devo sbarazzare. Sono innamorata di un uomo e gli ho chiesto di accompagnarmi. Ho inventato il modo di fare un viaggio solo per stare con lui dall’altra parte dell’oceano e del mondo. Vedere l’acqua che gira nel lavandino dopo che lui si è fatto la barba, ma che gira al contrario di quando siamo a casa, ognuno nella sua casa, malati di tossico indipendenza, senza forza alcuna di mettere le nostre vite insieme.
E’ stato un errore, una pazzia, scegliere di scrivere un libro per amore, e adesso mi tocca mettercelo tutto questo amore dentro. Così quello che state per leggere, miei veri compagni di avventura, è un libro di viaggio e di amore. E perdonatemi se sembrano la stessa cosa.”
Così inizia il primo capitolo di “Ma quale amore” di Valeria Parrella: un incipit che proietta subito il lettore all'interno di una storia interamente giocata sul sottile confine tra realtà e finzione. La trama è chiara già da queste prime righe: la scrittrice ha convinto il suo editore a finanziarle un viaggio in Argentina per scrivere una sorta di guida di Buenos Aires. In realtà il libro non è che una scusa per portare con sé Michele, con il quale ha una storia ormai alla deriva, nel tentativo di salvare il salvabile, o di chiudere per sempre.
Ma il romanzo non è solo questo, non è solo un racconto di viaggio sulle tracce di Borges e del tango, non è solo una storia d'amore, è il racconto di uno spaesamento. La scrittrice sa che la sua storia è al capolinea ma non riesce ad accettarlo, perciò ripercorre le tappe della sua relazione nel tentativo di trovare un perché: “Non ricordo quando è accaduto che abbia iniziato a stancarsi, a poter fare a meno, a girare il volto per darmi la guancia invece delle labbra se mi tendevo in avanti per baciarlo.” Ciò che prova è allora rabbia, delusione, alienazione. Ma questo senso di estraneità non è dovuto alla lontananza da casa, dalla sua amata Napoli, che, anzi, spesso Buenos Aires le ricorda (nella somiglianza con una trattoria, nella figura di Maradona, perfino in Borges che le fa venire in mente le liti fra suo padre, che tanto lo amava, e sua madre, che invece lo detestava). Lo straniamento è dovuto al distacco di Michele, al vuoto che ormai inesorabilmente lo separa dalla scrittrice: “Lo spaesamento è quando risali il quartiere della Pignasecca alle 13 e ti viene fame sotto il sole di Napoli e la salita, e lo chiami sul cellulare per chiedergli se vuol pranzare qualcosa con te, e lui ti risponde che non è in zona, e pure se lo fosse non sarebbe certo pronto a correre, e se pure fosse a casa non scenderebbe mica.”.
Il viaggio e il libro, allora, diventano una progressiva presa di coscienza da parte di una donna intrappolata nel disamore che sente finalmente urgente la necessità di porre fine a una storia ormai da tempo conclusa: “C'è poco tempo per scrivere, devo sbrigarmi a bruciare queste fotografie, che mi riportano solo a un tempo disperato e mio.”
Con una scrittura immediata e un linguaggio scarno ed essenziale, la Parrella ci regala pertanto un'analisi lucida, pervasa da una vena ironica che impedisce al testo di cadere nel patetico.
“E mentre decido cosa mettermi per andare a casa sua e lasciarlo, mi arriva un sms:
«mi prendo la responsabilità definitiva di mettere fine alla nostra storia»
«per sms »
«sì x nn ricadere nella trappola di questo amore»
«hai detto amore»
Ma quale amore”
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