Marocco, i volti dell'anima
di Francesca Pacini
“Quale campo tendato preferisci, Francesca? Quello con i comfort o quello selvaggio?”
“Quello selvaggio, Faysal. Quello selvaggio”
Non immaginavo, in quel momento, che il campo tendato fra le dune del Sahara sarebbe stato solo il battesimo di un’avventura molto più complicata, ed estrema.
A volte l’universo scombina i nostri piani. Ha altri progetti per noi. Traffica con i nostri programmi, li scompone e li ricompone a suo piacimento. Sempre, però, ripercorrendo il disegno, ne troviamo il senso e la direzione.
Ho deciso di tornare in Marocco dopo due anni. Volevo conoscere meglio la terra dell’indaco, dell’ocra, dei rossi che bruciano il cielo al tramonto, prima che la notte baci la terra.
Volevo anche realizzare uno dei due sogni che mi porto dietro da tanto tempo: addormentarmi nel Sahara in tenda coperta da un manto di stelle (l’altro sogno, quello di arrampicarmi sul Machu Picchu mi attende ancora, ma i sogni non sono come le faccende della materia, conoscono le dilatazioni del tempo, non hanno nessuna fretta).
Mi sono organizzata e quella che è diventata davvero un’amica, Lucia, mi ha consigliato una guida, Faysal, con cui compiere il tragitto fino al deserto. Lucia è innamorata del Marocco, ha un’associazione culturale che crea magnifici ponti attraverso cui transitano fino a noi le suggestioni del Maghreb e della sua gente. Ama e conosce il Marocco come un marocchino. E, non a caso, sta imparando anche l’arabo.
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