Intervista: I giorni di Gezi Park
di Francesca Pacini
Doğa Kocagöz vive e lavora a Istanbul. Si divide fra le traduzioni dall’inglese e il lavoro all’Artist’s Kahvesi, un locale di Taksim. Anche lui ha preso parte alla protesta, che lo ha cambiato per sempre. Qui ci racconta la sua esperienza….
Sappiamo come è iniziata la resistenza di Gezi Park. Puoi dirci altro?
La resistenza è iniziata per proteggere gli alberi del parco, sì, ma presto è diventata una protesta contro il governo. E ora si è trasformata in un vero e proprio movimento antigovernativo.
Solidarietà: gli attivisti sono molto diversi uno dall’altro ma hanno trovato una maniera comune per stare insieme. Ma chi è un çapulcu?
Questa parola è stata usata da Erdoğan per indicare i dissidenti. Quelli che hanno preso parte al movimento di Gezi e che non supportano il suo partito, l’AKP.
Musulmani e non musulmani. Molte persone credono che tutto questo sia contro la religione musulmana, e non contro la repressione di Erdoğan. Dove sta la verità?
Erdoğan e l’AKP provano a far credere che si tratta di un movimento antireligioso ma noi abbiamo celebrato il kandil tutti insieme, a Gezi Park, e la gente ha anche organizzato insieme l’iftar, la cena rituale. Forse è vero che la maggior parte dei manifestanti non sono religiosi, molti sono atei. Ma a Gezi non è il problema principale. Il problema è il governo "fascista".
Il vostro modo di ribellarvi è stato segnato da umorismo e creatività. E anche un certo romanticismo. Penso alle varie azioni, dallo “standing man” alle scale colorate….
Usiamo tutto quello che possiamo usare, come i pinguini e le scale colorate. Crediamo che la città in cui viviamo ci appartenga. Intendo dire, è pubblica. Il governo dovrebbe stare in parlamento per noi. Senza noi non sono nessuno.
Questa brutale repressione ha impressionato il mondo intero. Ma in questo momento ci sono così tanti conflitti nel mondo che rischiamo di perdere alcune preziose informazioni sugli sviluppi. Che succede ora?
Ci sono alcuni account twitter che sono affidabili. Possono essere seguiti per diffondere le notizie nel resto del mondo. La parte negativa della faccenda è che nei social media ognuno può crearsi il suo proprio media e diffondere foto e video: non tutto ciò che vediamo e leggiamo è vero. Impossibile controllare. Ma i media classici sono qualcosa su cui non possiamo fare affidamento. Dipende da chi controlla chi. Per esempio i media turchi sono controllati dal governo. Non possono essere sicuramente considerati affidabili.
La tua vita prima e dopo Gezi. Come ti ha cambiato questa esperienza?
L’esperienza di Gezi mi ha definitivamente cambiato. Ora so che l’AKP ha paura della gente. E ho capito cosa significa il terrore delle minoranze nei confronti del governo. Ho sempre sentito parlare i questo terrore, ma non facevo parte di queste minoranze. Ora, ho visto quel terrore con i miei occhi.
Cosa succederà ora? Cosa significa democrazia, in Turchia, da Atatürk in poi?
Non so che accadrà. Ma non c’è democrazia in Turchia. Ho sempre detto che tutti quelli che hanno preso parte a Gezi park sono consapevoli del fatto che non c’è democrazia. La gente ha capito veramente come da anni il governo si comporta con le minoranze. Ora la gente capisce la situazione dei curdi.
Come può cambiare il paese questa ribellione che a tratti ha rischiato di sconfinare in una “rivoluzione”?
Non so se possiamo chiamarla rivoluzione. Ora però sappiamo che tutto quello che vedevamo in tv era una bugia. Le persone che mettono in discussione l’autorità stanno aumentando. E questo è un bene.
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