“Storia di una professoressa” - Vauro Senesi
di Daniela Marras
Edizioni Piemme – 2013
E' uscito di recente “Storia di una professoressa” di Vauro Senesi, non nuovo nel cimentarsi in opere di narrativa.
Nel retro della copertina si legge quella che, visto che il romanzo è dedicato “A Simone”, forse vuole essere una dedica supplementare, “a Ester”, che gli “ha donato la storia della sua vita. A migliaia di insegnanti che non hanno tappi di cera nelle orecchie. Che ci credono ancora. Nonostante tutto. Sempre. A otto milioni di studenti. E agli scolari che tutti noi siamo stati”.
Dopo un prologo in terza persona, la narrazione prosegue fino alla fine in prima persona: è Ester che parla e racconta, partendo dalla metà degli anni sessanta per arrivare fino ai giorni nostri.
Ester appartiene a una famiglia di “tutti matti”, come dice la nonna che porta il suo stesso nome, un nucleo familiare che però è molto simile a quello di ciascuno di noi, a cominciare dalla nonna (o la mamma) che dice “Vorrei vedere come farete quando io non ci sarò più” o “Sembri un'anima in pena” (quando “come un gas invisibile e impalpabile, dal grigiore dell'atmosfera esterna la noia umida si insinua all'interno della casa”), oppure dal padre che “da quando è andato in pensione sembra aver iniziato a invecchiare a velocità accelerata”.
Ester studia dalle Orsoline e ha la sua prima esperienza di insegnante proprio quando Suor Veremonda, in un giorno diverso dagli altri, dopo l'esplosione in Piazza Fontana a Milano, indignata per il comportamento delle allieve che ridono e sghignazzano, le chiede di continuare la lezione e lei, dapprima titubante, si lascia poi percorrere da un brivido di felicità.
Prosegue poi l'esperienza di insegnamento con la “libera scuola Don Lorenzo Milani” organizzata col supporto di Don Carlo e dei suoi amici.
E' durante questo doposcuola che si ritrova la familiare, per alcuni, “danza del serpente che vien giù dal monte per ricercare il suo codino che ha perduto un dì...” ed è proprio durante i preparativi per il doposcuola, che Ester trova “Se questo è un uomo, Primo Levi, Edizioni Einaudi” che decide di tenere con sé, anche se il libro è vecchio e la copertina ingiallita: “La neve non è bianca, sembra sporca” vi legge. Ed è l'incipit del prologo, o quasi: “La neve non era bianca. Era sporca come l'aria”. E' quasi un leitmotiv, la tragedia della Shoah, che attraversa tutto il libro fino alla fine. Come il fiocchetto rosso donatole da Suor Veremonda e come lo striscione di carta della libera scuola, nonostante le canzoni di sottofondo e gli accadimenti della Storia (se vogliamo, quella con la S maiuscola) cambino e si susseguano nel corso della vita di Ester e della narrazione.
Quello che resta un punto fermo è, a dispetto di tutto, Giovanni, il suo primo e forse unico amore che sposa giovanissima, diciassettenne, con rito civile “per rispetto l'una dell'altro”, visto che lui aveva perso la fede; un uomo che, un'estate, mentre lui è impegnato in un viaggio di studio a Mosca, tradisce senza pensieri, “così, solo per il gusto di farlo”. Lo lascia e si trasferisce in una città del Nord, per la sua prima supplenza in una scuola di confine, città in cui conosce Edoardo e con cui va a vivere.
E così la narrazione prosegue con i piccoli e grandi cambiamenti di una vita “ordinaria”, come potrebbe essere quella di ciascuno di noi, insegnante o meno.
L'autore ha dichiarato più volte (in alcune interviste in rete) che la storia di Ester gli è stata regalata dalla stessa protagonista che ha incontrato ogni venerdì, per sette mesi. La Ester del romanzo, a suo dire, affronta la vita con grande passione, di insegnante e di donna; sentimento intenso, il suo, che viene messo a confronto con l'amarezza, il cinismo e la disillusione dei colleghi, come anche con la calma, il “rispetto”, il “suo fare da gran teorico pessimista”, il “tono professorale” di Giovanni o la prevedibilità di Edoardo.
Ma come Shlomo (invitato da Ester a parlare ai suoi allievi della sua esperienza in un lager) “racconta con dovizia di particolari e grande meticolosità”, “come se raccontasse la storia di altri”, così – si può azzardare – sembra fare anche Vauro Senesi: è vero, mette in bocca alla protagonista frasi appassionate o le fa assumere atteggiamenti infervorati, soprattutto contrapponendola, di volta in volta, agli altri personaggi, siano essi le compagne di scuola, la sorella, la madre, i colleghi, Giovanni, Edoardo e via dicendo, ma qualcosa manca... Forse è proprio così, “come se raccontasse la storia di altri”.
Il libro è ben scritto ma il ritmo è lento, forse troppo: sicuramente un thrill seeker, chi cerca il brivido, l’emozione, non si aspetta grandi scossoni nella storia di una professoressa e non è incuriosito dal libro, ma anche un lettore che non cerchi i suddetti stimoli potrebbe restare deluso.
E poi questa donna, che si sposa diciassettenne senza grandi problemi in famiglia, va a vivere con Giovanni in un appartamento col sostegno della nonna e dei familiari, tradisce il marito, che la ama e rispetta, senza pensare “a lui nemmeno per un momento”... passa di rado a trovare i genitori stanchi e malati... beh, un tantino antipatica alla fine lo è!
Più articoli di questo autore