“L’utilità dell’inutile – Manifesto” di Nuccio Ordine
di Daniela Marras
A ottobre 2013 è uscita la seconda edizione italiana de “L’utilità dell’inutile – Manifesto” di Nuccio Ordine, dopo l’edizione francese sempre del 2013.
E’ stato subito successo e questo agile saggio si è imposto all’attenzione dei lettori senza sforzi pubblicitari.
Il testo, dopo un’introduzione accurata dello stesso autore, è suddiviso in tre parti: la prima “L’utile inutilità della letteratura”, la seconda “L’Università – azienda e gli studenti – clienti”, la terza “Possedere uccide: dignitas hominis, amore, verità”. Seguono una corposa bibliografia e, in appendice, un saggio di Abraham Flexner “L’utilità del sapere inutile”.
“L’utilità dell’inutile”: cosa si nasconde dietro questo apparente gioco di parole? E’ l’autore stesso a chiarire nell’introduzione “l’ossimoro evocato dal titolo”: egli vuole mettere al centro delle sue riflessioni “l’utilità di quei saperi il cui valore essenziale è completamente libero da qualsiasi finalità utilitaristica. Esistono” infatti “saperi fine a se stessi che – proprio per la loro natura gratuita e disinteressata, lontana da ogni vincolo pratico e commerciale – possono avere un ruolo fondamentale nella coltivazione dello spirito e nella crescita civile e culturale dell’umanità”. Prosegue l’autore precisando che egli considera “utile” “tutto ciò che ci aiuta a diventare migliori” anche se “la logica del profitto mina alle basi quelle istituzioni (scuole, università, centri di ricerca, laboratori, musei, biblioteche, archivi) e quelle discipline (umanistiche e scientifiche) il cui valore dovrebbe coincidere con il sapere in sé, indipendentemente dalla capacità di produrre guadagni immediati o benefici pratici”. L’autore precisa poi che nella fase di crisi economica e finanziaria che stiamo vivendo “non c’è riunione politica o vertice dell’alta finanza in cui l’ossessione dei bilanci non costituisca l’unico punto all’ordine del giorno”. Ecco quindi che “in questo brutale contesto, l’utilità dei saperi inutili si contrappone radicalmente all’utilità dominante che, in nome di un esclusivo interesse economico, sta progressivamente uccidendo la memoria del passato, le discipline umanistiche, le lingue classiche, l’istruzione, la libera ricerca, la fantasia, l’arte, il pensiero critico e l’orizzonte civile che dovrebbe ispirare ogni attività umana”. “Il sottotitolo – Manifesto – potrebbe sembrare sproporzionato e ambizioso se non fosse giustificato dallo spirito militante che ha costantemente animato questo... lavoro” di Nuccio Ordine. E, se la distinzione tra una scienza speculativa e disinteressata e una scienza applicata era già presente tra i pensatori greci, Ordine chiarisce, con spirito propositivo, che “il sapere si pone di per sé come un ostacolo al delirio d’onnipotenza del denaro e dell’utilitarismo. Tutto si può comprare, è vero. Dai parlamentari ai giudici, dal potere al successo: ogni cosa ha il suo prezzo. Ma non la conoscenza”, continua l’autore con tono sferzante, sempre nella presentazione.
Quanto sopra esposto chiarisce lo spirito che anima il saggio e l’ambito speculativo di Nuccio Ordine.
Già nelle prime pagine della prima parte, “L’utile inutilità della letteratura”, l’autore chiarisce che la letteratura appunto, così come gli altri saperi umanistici e come anche i saperi scientifici liberi da un immediato scopo utilitaristico, possono porsi come “forma di resistenza agli egoismi del presente, come antidoto alla barbarie dell’utile” richiamando “l’attenzione sulla gratuità e sul disinteresse, valori ormai considerati controcorrente e fuori moda”. Seguono diverse citazioni letterarie e filosofiche a difesa dell’inutile, da Dante e Petrarca a Kant, Platone, Aristotele, e ancora Montaigne, Ovidio, Leopardi, Boccaccio, Ionesco, Calvino, Heidegger e altri. Tra le varie citazioni, Ordine riporta anche le parole provocatorie e radicali di Théophile Gautier secondo il quale “veramente bello è soltanto ciò che non può servire a nulla; tutto ciò che è utile è brutto, perché è l’espressione di un determinato bisogno, e i bisogni dell’uomo sono ignobili e disgustosi, come la sua povera e inferma natura. Il luogo più utile di una casa è il cesso”.
Nella seconda parte, “L’Università – azienda e gli studenti – clienti”, l’autore evidenzia i limiti della riforma italiana del mondo scolastico e accademico che ha visto il nascere delle “università – aziende” e dei “professori – burocrati” da un lato e degli “studenti – clienti” dall’altro, limiti che sono o dovrebbero essere evidenti se si considera che, in quest’ottica, il compito degli istituti secondari e degli atenei è “soprattutto quello di produrre diplomati e laureati da immettere nel mondo del mercato” e ovviamente, chi più sforna, chi più produce, più è competitivo e più viene premiato con finanziamenti ad hoc mentre chi meno produce è soggetto a sanzioni. Tra le varie citazioni di questa parte, particolarmente fuori moda di questi tempi sono le parole di Antonio Gramsci, nel 1932, a difesa dello studio del latino e del greco: “Non si imparava il latino e il greco per parlarli, per fare i camerieri, gli interpreti, i corrispondenti commerciali. Si imparava per conoscere direttamente la civiltà dei due popoli, presupposto necessario della civiltà moderna, cioè per essere se stessi e conoscere se stessi consapevolmente”. Questa seconda parte si conclude col capitoletto “La conoscenza è una ricchezza che si può trasmettere senza impoverirsi”: “anzi, al contrario, arricchendo chi... trasmette e chi... riceve” il sapere appunto, conclude l’autore.
La terza parte “Possedere uccide: dignitas hominis, amore, verità” è quella più propositiva, è, per così dire, la vera e propria pars construens del saggio. Nuccio Ordine non si limita infatti alla critica pesante dell’etica utilitaristica, materialistica e consumistica ma indica anche tre valori o tre aree di valori lasciando spazio ai classici proprio in tema di “dignitas hominis”, “amore” e “verità”. L’autore evidenzia che “spetta alla letteratura fornire un antidoto al fanatismo e all’intolleranza” e aggiunge che “chi è sicuro di possedere la verità non ha più bisogno di cercarla, non sente più la necessità di dialogare, di ascoltare l’altro, di confrontarsi in maniera autentica con la varietà del molteplice. ... Ecco perché il dubbio non è nemico della verità, ma è stimolo continuo alla ricerca di essa. ... la pluralità delle opinioni, delle lingue, delle religioni, delle culture, dei popoli, deve essere considerata come un’immensa ricchezza dell’umanità e non come un pericoloso ostacolo”.
Il saggio, anche per la felice scelta del carattere tipografico, è scorrevole e agile benché ricco di citazioni erudite che tuttavia non ne inficiano la fluidità e il successo finora riscosso da quest’opera è senz’altro meritato.
L’intento di Nuccio Ordine è pienamente condivisibile ed encomiabile e le sue parole potrebbero illuminare – è auspicabile - anche chi decide per noi: esse possono essere infatti occasione di riflessione e punto di partenza per un approfondimento e un dibattito di cui, ovviamente, non si potrebbe dar conto in una breve e “inutile” recensione. Tuttavia, pur tenendo a mente le parole di Gautier sopra riportate, si potrebbe osservare che coltivare l’Arte per l’Arte, l’“inutile” per l’“inutile”, appare più agevole se i bisogni primari dell’uomo sono soddisfatti, vale a dire se non ci si deve, purtroppo – data la nostra natura -, preoccupare di cose “utili” e materiali come il cibo, la casa, il lavoro e... sì, anche... “il luogo più utile di una casa”.
“L’utilità dell’inutile – Manifesto” di Nuccio Ordine – Bompiani 2013
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