Matt Haigh: Gli umani
di Francesca Girardi
Una copertina di colore blu, punteggiata da puntini bianchi che richiamano l’immagine di un cielo notturno e stellato. Un cane che sembra essere fermo in un prato e volgere lo sguardo in alto, verso quel ben delineato baffo di colore che ha l’aria di essere una stella cadente.
Mi ha colpito questa illustrazione e così, tra le interessanti copertine impilate ordinatamente l’una accanto all’altra, ho deciso di scegliere come lettura Gli Umani.
Non sapevo precisamente quale testo avessi tra le mani, poteva trattarsi di un romanzo o di un saggio relativo all’essere umano e il titolo mi spingeva verso la seconda ipotesi. Ho letto la retro copertina e ho pensato: “Qui l’unica cosa è iniziare a leggere”.
Una storia semplice e curiosa: un alieno giunge sulla Terra, assume le sembianze del professor Martin e la sua missione è di eliminare chiunque sia venuto a conoscenza delle sue scoperte.
Una narrazione scorrevole, piacevole e una lettura molto veloce. Poi, pagina dopo pagina, si schiude il segreto delle parole coordinate a scrivere un romanzo di fantasia, ma pronte a svelare anche sorprese che non sono immediate e scontate. Sono molto di più: il frutto dell’interpretazione che ogni lettore può dare.
Le disavventure e, al tempo stesso, avventure di questo professore alieno, sterile nei sentimenti, intimorito dal calore che avvolge la vita umana e concentrato sull’obiettivo della sua missione, ecco, pian piano diventano vive. Gli intervalli durante i quali dialoga con i mandanti della missione, perdono gradatamente incisività sino a divenire solo lontane parole: il professor Martin decide di restare sulla terra, rinunciare ai suoi poteri speciali e diventare umano, provare emozioni, siano queste positive o negative ma pur sempre vive e calde.
Pagina dopo pagina, i personaggi si uniscono l’uno all’altro attraverso un filo sottile che si chiama emozione: Isobel e Gulliver, rispettivamente moglie e figlio del professore, dapprima sono sullo sfondo della scena, puro centro del mirino delle azioni di Martin.
Poi, lo sfondo si avvicina ed ecco che interagiscono in maniera molto diretta, aperta e sono loro a fare centro nel cuore dell’alieno. Ad accompagnare tutta la narrazione c’è un personaggio che rimane fedele al suo comportamento: è Newton, il cagnolino del professore. È un protagonista passivo e lo definisco così perché è lì, fedele, anziano ma attento a osservare le vicende. Mi piace vederlo come personificazione della saggezza che, con il passare del tempo, influenza silenziosamente la vita e offre una nuova visione degli eventi. E quale interpretazione do al professore Martin alieno che poi diventa umano?
Credo sia l’atavico fascino della vita: provare delle emozioni, a volte belle, a volte un po’ sofferenti ma che hanno il grande potere di renderci semplicemente vivi, umani.
Buona lettura…
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