Performance in città
di Francesca Girardi
“Ogni osservazione è partecipazione e ogni partecipazione è creazione”
(R. Schechner)
Questa volta non si tratta di un testo riguardante un argomento ben definito, è un gioco di immaginazione. Una città dei nostri giorni e un dialogo che avviene tra due personaggi la cui identità non viene esplicitata.
Così: è la fantasia a incontrare la realtà oppure è la realtà a incontrare la fantasia? Può trattarsi di un dialogo per un palcoscenico oppure di un palcoscenico per la realtà?
Il rumore delle auto in coda al semaforo rosso, il cicaleccio delle persone che corrono di qua e di là. Alcuni si stanno dirigendo tranquillamente al lavoro, altri stanno ansimando nel tentativo di prendere l’autobus e arrivare in orario in ufficio. E poi le fermate della metro, oggi sembrano ancora più affollate di ieri. E chi ieri ha preso il primo treno, forse oggi dovrà prendere il secondo. E ancora ragazzi che si sbrigano ad attraversare una strada dopo l’altra perché la campanella della scuola tra poco suonerà. Vigili che cercano di dare armonia al caos che li circonda
A: “Sai, a vedere tutto questo, mi viene da credere che il mondo sia diventato bizzarro”
B: “E’ un eufemismo”
A: “Mi sembri così sicuro, allora dimmi cosa ne pensi se ti dicessi che il mondo assomiglia a una scatola di colori”
B: “Mi pare un po’ semplicistica come definizione ma potrebbe anche darsi. Tuttavia non sempre l’atmosfera che ci circonda ha tonalità luminose, non credi?”
A: “Già. Beh, anche le cupe tonalità se mescolate ad altre possono mutare e chissà, divenire magari luminose”
B: “Se io invece ti dicessi che il mondo è comunque meraviglioso?”
A: “Non credo si possa definire in senso assolutistico ma possiamo crederlo. E se io dovessi immaginare questa frase, ti mostro come la vedrei scritta, vieni”
I due personaggi si avvicinano a un murales dipinto sul muro del sottopassaggio
A: “Ecco, proprio così, guarda”
IL MONDO È MERAVIGLIOSO…
B: “Ma io non ho dubbi su questo! Però non capisco a cosa servano i tre puntini. Anche tu la immagini scritta con i tre puntini?”
A: “A differenza della tua sicurezza, la sospensione per me non ha un significato rigido e ben delineato, direi proprio di no”
B: “Spiegati meglio”
A: “Ognuno la può interpretare a suo modo”
B: “Spiegati meglio”
A: “Possono essere un prolungamento dell’enfasi che accompagna lo stato di meraviglia.
Sì, forse l’autore della scritta poteva provare proprio questo mentre dava vita alle singole lettere”
B: “Un’enfasi espressa in tre puntini? Proprio non riesco a comprenderla!”
A: “Certo che non puoi comprenderla, non ti appartiene. Ma il fatto che non ti appartenga non vuol dire che non esista”
B: “Ne sei sicuro? Cioè, pensi che possano esistere diverse interpretazioni di tre semplici e ben delineati puntini?”
A: “Io dico che potrebbero essere messi lì per svariati motivi. Magari sono una semplice espressione di un dubbio. Anzi ti dirò di più: tre puntini che potrebbero anticipare un punto interrogativo! In questo caso colui che ha scritto, potrebbe non essere stato proprio tanto sicuro di quanto fissato su questo muro”
B: “Forse…”
A: “Credo che le cose assumano diversi significati e sai perché? Glieli diamo noi!”
B: “Insomma che questi segni grafici … siano tre puntini siamo tutti d’accordo!”
A: “Sull’espressione grafica sì, ma sulla valenza non direi. Le cose assumono il significato che noi diamo a loro”
B: “Tornando al punto interrogativo…Secondo tu, riguardo a cosa potremmo interrogarci?”
A: “Le possibilità possono essere varie e soggettive”
B: “Soggettive dici…”
A: “Proprio così”
B: “E non va bene? Io posso interrogarmi su quello che voglio!”
A: “La libertà non viene intaccata dal mio ragionare. Infatti anche io posso pormi domande su ciò che voglio”
B: “E allora se sei in accordo con me, perché hai voluto sottolineare l’aggettivo soggettive?”
A: “Permettimi che ti dica che il verbo sottolineare altro non è se non l’immaginazione creata dalla tua mente alle mie parole.
Ognuno ha i suoi parametri, i propri pensieri. Voglio solo dire che la soggettività spesso guida nell’esplorazione di un orizzonte ben definito ma proprio perché lo si ritiene “definito”, ha un limite”
B: “Sarebbe meglio essere un po’ più oggettivi?”
A: “Paradossalmente l’oggettività non potrebbe esistere senza la soggettività. La differenza che vedo io sta nel poter vedere all’orizzonte non solo una singola linea”
B: “Ma che te ne fai di così tante linee? Fanno solo confusione”
A: “Le esploro e nell’esplorarle...”
B: “Beh, io sceglierei la migliore”
A: “Io invece le guarderei tutte, proprio come sto guardando questa città e le descriverei tutte senza per questo dare loro un significato assoluto”
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