Viaggio
di Francesca Girardi
VIAGGIO. Una parola usata di frequente e all’apparenza uguale per tutti, ma quando diviene esperienza, assume una valenza unica.
Cercando di descrivere la parola viaggio e scorrendo i molteplici aggettivi che potrei usare, trovo difficile optare per uno che possa avere una valenza “universale”.
Ogni viaggio è un mondo a sé dove ogni persona sperimenta se stesso in un ambiente diverso, in una cultura anche distante dalla propria. In letteratura si incontrano viaggi disparati e affascinanti. Nell’Odissea, Omero narra le vicissitudini e le pericolose situazioni che UIisse affronta per far ritorno a Itaca. Utilizza il viaggio come strumento di conoscenza ed è eccezionale il modo in cui, attraverso le varie tappe, viene descritto il panorama mitologico dell’epoca. Che dire poi del viaggio di Dante Alighieri. Nella Divina Commedia, girovagando con l'immaginazione per i tre regni, sono descritti con minuzia di particolari i luoghi e i personaggi che il poeta incontra. Le diverse soste sono specchio delle vicende politiche e il paesaggio mostrato non è naturalistico, bensì è l’esatta fotografia della civiltà del suo tempo e il viaggio si veste di una dimensione storica.
Nella vita pratica di ognuno di noi, penso che viaggiare sia un’esperienza molto personale e svariate siano le motivazioni che danno l’input alla partenza. Talvolta sento questa espressione: “Viaggiare ti apre la mente” ma non riesco a leggerla in modo semplicistico e lineare, ovvero viaggio quindi ho una mentalità più ampia.
Non ritengo sia il viaggio a fare la differenza, ma fondamentale è il modo in cui ci si approccia alla partenza.
L’attimo in cui si gira il mappamondo, si punta il dito verso una destinazione, è un momento particolare, quasi mistico: chissà perché si sceglie Katmandu e non Barcellona, perché si decide di partire in treno e non in aereo, con valigie o con uno zaino in spalla, organizzati sino all’ultimo dettaglio oppure “vivendo alla giornata”… Si può partire per rompere con la routine, per cambiare aria, per riposare e anche questo è uno dei molteplici significati che può avere.
L’attimo della “scelta” è affascinante e leggerlo in maniera scontata, significa sminuirlo dell’emozione che nasconde; alle volte si decide di partire per trovare se stessi, per mettersi alla prova, per vedere con i propri occhi quanto talvolta si è abituati a sfogliare nelle pagine dei libri, per toccare con mano realtà diverse o per sfuggire dalla propria realtà e rincorrere una speranza. A tal proposito ricordo il libro di Tiziano Terzani, "Un altro giro di giostra": il viaggio è una ricerca verso la cura che possa guarirlo dal cancro. È un peregrinare dalla più moderna medicina occidentale alla più antica medicina orientale per poi scoprire di viaggiare per la ricerca di se stesso. Oppure in "La mia Istanbul", di Francesca Pacini, l’esperienza e le emozioni trasformano il viaggio in un reportage che si fa guida e mostra di una diversa cultura, svelandone i più reconditi e pittoreschi angoli.
La diversità degli stati d’animo che accompagna le persone nella scelta della destinazione, è il punto di partenza che permette all’itinerario scelto di divenire o meno fonte di conoscenza.
I miei viaggi non sono nati con lo stesso nome, sono stati e saranno sempre qualcosa di diverso. Possono essere una vacanza di relax, ma possono offrire delle sorprese e, ancora più importante, possono arricchire la propria dimensione. Quando si rientra a casa e si sente di avere nel cuore piccole nuove emozioni; quando nel rivedere con la mente, e non con le fotografie, i paesaggi, le persone che si sono incontrate, riscontrare nella propria vita degli elementi che richiamano il ricordo di un qualcosa che si è vissuto nei propri viaggi, allora questi sono diventati esperienza.
Le proprie radici hanno un ruolo importante non solo nell’indicare la meta ma anche nel delinearne i confini entro il quale si potrà muovere. E con la parola confini non intendo solo lo spazio territoriale. Andare in giro per il mondo e cercare di organizzarsi per poter trovare e fare quanto di più simile a casa, acquista una valenza diversa rispetto a partire, avere un punto di riferimento e girare senza un’organizzazione dettagliata.
Si può andare alla scoperta di angoli nascosti del mondo oppure seguire nei più piccoli particolari le guide turistiche. Questi modi non sono uno meglio dell’altro, sono vie diverse di camminare che permettono esperienze più o meno profonde.
La globalizzazione e lo sviluppo tecnologico, ha influito sicuramente sul verbo viaggiare. Le grandi catene commerciali danno un denominatore comune alle più famose città; pur partendo per l’altro capo del mondo, ci si può vedere e parlare come se si fosse a distanza molto ravvicinata; partire per alcune destinazioni, ormai è come andare nella città più vicina alla propria. I moderni mezzi permettono di essere in costante contatto con amici e familiari, mostrare loro istantaneamente dove ci si trova oppure vedere ancora prima di arrivare, la destinazione prefissata.
È proprio per questa serie di ragioni che la differenza del viaggio non è tanto la meta, ma come ci si prepara alla partenza e quanto ci si lascia coinvolgere da ciò che si vedrà.
Magica è la dimensione dell’immaginazione con la quale si prova a immedesimarsi nella vita del più remoto angolo del globo raffigurando se stesso lì, in quel preciso punto e chiedersi con curiosità: “Chissà com’è…”.
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