Quello sguardo altrove
di Francesca Pacini
La vera libertà è solitudine
(E. Junger)
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Poi tornò nel recinto per raccontare alle altre tutte le belle cose che aveva visto e vissuto. Ma le dettero della pazza. C'era il lupo, fuori, e molte cose brutte, sconosciute. Non era quella la verità. Era una bugiarda. Una folle.
Così iniziarono a isolare la povera pecora pazzerellona, a farla sentire sbagliata.
E lei, lei continuò a vivere i suoi giorni in cattività, finché il ricordo di quell'infinito si fece sempre più flebile.
Un giorno i pastori, vedendola così pallida, malaticcia, priva di vita, le aprirono la porta del recinto per farla uscire, a patto che non rientrasse mai più. Ma lei, lei, spaventata, si rintanò in un cantuccio fissando con occhi rassegnati e atterriti quello spazio infinito che le aveva regalato i momenti più belli della sua vita.
Chiuse gli occhi, tristissima, e si mise a dormire.
Le pecore "nere" vengono sempre ostacolate, spogliate delle loro visioni, dei frutti prolifici derivati dalla ricerca, dallo spostamento dei soliti, vecchi confini.
E così vivono nella solitudine, nell'emarginazione. Non capite, spesso non volute, cercano di mantenere vivo il ricordo degli spazi interiori nei quali hanno assaporato la libertà dell'essere.
Alcune di loro riescono a mantenere gli occhi vigili. E non si arrendono. Cercano, cercano, finché non salteranno di nuovo la staccionata. Altre, invece, non ce la fanno. Si adattano alle misure ristrette della loro cattività. E quando qualcuno apre per loro la porta del recinto che le tiene prigioniere, scelgono di restare nella mediocre quotidianità dei giorni misurabili e consolidati.
Ma, dentro, sanno. E la loro malinconia ogni giorno farà i conti con la memoria della perduta libertà. E, chissà, un giorno forse, tenteranno di saltare ancora.
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