Musica e immagini: storia di una storia speciale
di Francesca Girardi
C'è qualcosa in comune fra il cinema muto degli anni '30 e un gruppo di musicisti del 2014? Può il passato fondersi con il presente dando vita a un'espressione artistica originale? Ecco il racconto di un'esperienza particolare.
Cosa accomuna un cinema muto degli anni ’30 e cinque musicisti del 2014?
Un viaggio nel mondo dell’interpretazione, ecco, credo sia questo: un contesto di altri tempi, attimi di storia del cinema e composizioni musicali. Non parole scritte o parlate, questa volta l’inchiostro è veicolo di nuove esperienze e la bellezza è nella partitura di una musica dal vivo che accompagna scene cinematografiche di altri tempi, rendendole attuali. Il fascino dello spettacolo è celato anche nella convivenza dei due termini: muto e dal vivo. Assistendo a questa performance, sono stata travolta da un piacevole quanto inaspettato turbinio di sensazioni.
Musiche e arrangiamenti, seppur non composti al momento, lasciano trapelare tutta la loro naturalezza facendosi portavoci di emozioni, divenendo libera espressione di parole non pronunciate o scritte, ma arrivando allo spettatore sotto forma di note.
Due i film accompagnati: Regen e La Perle, entrambi datati 1929.
Il primo è una rappresentazione della città di Amsterdam in una giornata di pioggia, non ci sono personaggi, ma solo immagini. Le scene iniziali ruotano attorno all’acqua, tema dominante del documentario e il tutto si muove accompagnato da note cadenzate che lasciano poi la scena a un ritmo incalzante e sempre più dirompente, proprio come il vento che energicamente muove i panni stesi, le tende, le foglie. La melodia si fa interprete del vortice d’aria, delle nuvole grigie che sopraggiungono da lontano. Lo sguardo dello spettatore è rapito dalle immagini del cielo tempestoso che all’improvviso lascia intravedere un piccolo aereo il cui volo è accompagnato da note fievoli ma trepidanti. Lo spartito musicale è chiara e aderente espressione dell’atmosfera messa in scena. E ancora singole gocce d’acqua, i loro cerchi concentrici sembrano essere lo specchio delle vibrazioni del suono degli strumenti. In particolare il trombone, sembra voler far giungere agli spettatori il ticchettio della pioggia sui tetti, sulle strade. Poi avviene un ulteriore passaggio ed ecco che l’atmosfera da grigia e ritmica diviene più allegra, quasi gioiosa e qui è il clarinetto che scrive la sua parte, interprete della quotidianità delle persone di Amsterdam colte dalla pioggia. Pedoni che camminano velocemente, una danza di ombrelli che corrono, si intrecciano quasi fossero loro stessi gli interpreti dei musicisti. Note suonate con incisività, la stessa incisività dell’immagine di una macchina che corre sulla strada bagnata. Con un tempo in levare le scene proseguono, una dietro l’altra, con disinvoltura. E veloce scorre l’acqua del torrente, rapido è il getto che fuoriesce dai tombini. Il basso, la batteria, il pianoforte, il sax baritono e il trombone si uniscono in una sinfonia che traduce la potenza dell’acqua.
Infine tornano delicatamente le gocce, torna il trombone con il suo ritmo incessante ma delicato, che accompagna la fine della rappresentazione. La sensazione che si prova è la stessa con cui delicatamente si chiude l’ultima pagina di un libro e lo si saluta con le riflessioni che ha suscitato.
La performance prosegue ed è il momento di La Perle, una pellicola decisamente diversa rispetto alla prima. Un giovane è alle prese con un acquisto per la sua amata: una collana di perle. Proprio attorno alla perla e alla scelta della migliore tra tutte le collane, ruota la trama che a tratti è chiara, a tratti sfugge, a tratti scompare accompagnata da immagini surreali, appartenenti forse a momenti di realtà che incontrano momenti di allucinazione.
La musica riesce appieno a far giungere tutto questo insieme di istanti diversi. Un clima di suspense accompagna le scene iniziali che si susseguono quale breve documentario della lavorazione della preziosa perla, dal clarinetto trapelano note di concitazione, fedeli alla trepidazione del giovane che sta per lanciarsi nel dispendioso acquisto e, dal momento in cui il giovane mette piede nella gioielleria, ha inizio il gioco. È un rincorrersi di immagini slegate ma tenute assieme da uno spartito che sembra anch’esso divertirsi saltando da una nota a un’altra, toccando uno strumento, spostandosi a un altro e questo movimento crea una piacevole agitazione sinfonica, magistralmente gestita dalla veloce mano del pianista. È lui che accompagna queste melodie che si rincorrono, si ripetono, si interrompono per lasciare improvvisamente spazio a un ritmico battere di mani. Ecco l’innovazione che incuriosisce, cogliendo lo spettatore quasi di sorpresa: una musica ottenuta anche senza strumento.
Interpretare scene in bianco e nero, lasciandosi piacevolmente guidare da una musica così viva, ti porta a essere travolto e positivamente confuso. Si riesce a colorare lo schermo bianco e nero che si ha dinnanzi proprio come, spinti da un’emozione, si riempie di parole un foglio bianco. L’intelletto degli spettatori è sempre più attento e cerca di capire se la sua interpretazione di musica-immagine possa essere giusta, possa sposarsi con quelle interpretazioni che in passato voleva dare il regista e che ora vogliono trasmettere i musicisti.
Il progetto di performance cinema-musica si è rivelato un’esperienza coinvolgente, che unisce il senso della vista e dell’udito per poi lasciarli naturalmente convogliare con sensazioni ed emozioni.
Non c’è differenza tra uno spartito composto, interpretato e un testo letterario abbozzato e corretto. In entrambi, si diventa protagonisti attivi di un palcoscenico ideale dove tutto è dinamismo, curiosità e perché no, gioco…
(il gruppo che ha eseguito la performance è Radio Days, Trento)
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