Sciolti

Gli incendi del tempo

di Irma Loredana Galgano

Gli incendi del tempo, Emilia Bersabea Cirillo, et al. / EDIZIONI

 

 

14-07Emilia Bersabea Cirillo è nata ad Atripalda e vive e lavora ad Avellino; di professione fa l’architetto ma soprattutto si dedica alla scrittura e alla ricerca di fonti di ispirazione che la conducano dritta ai suoi personaggi, protagonisti di storie mai scontate, mai deludenti, sempre particolari.

L’essenza del suo narrare è la vita, quella vera, quella di tutti i giorni, con i  problemi, le ansie, gli amori, le gioie e i dolori, i traguardi raggiunti e quelli mancati.

Viaggia molto la Cirillo, per l’Italia, per l’Europa, ma soprattutto per l’Irpinia, visitando i piccoli paesi arroccati sui costoni delle montagne, borghi antichi e moderni dove la tradizione si fonde all’innovazione ma soprattutto dove la “terra” la fa da padrona. Luoghi nei quali si respira, si assapora il legame che unisce gli abitanti al loro territorio. E la Cirillo lo racconta questo legame, lo fonde a nuove sensazioni, lo esporta per vedere l’effetto che fa da lontano e dà vita a racconti brevi di straordinaria eleganza, intensi, ricchi, pregni e pregnanti di emozioni, di considerazioni, di… vita.

Gli incendi del tempo, Capo lavoro, Océan, Il violino di Sena, Gli infiniti possibili, Sogno di sabbia, Tutto il suo compongono la raccolta che prende il nome dal primo racconto.  I versi di Paul Celan hanno ispirato il titolo alla Cirillo e molti altri autori e svariati loro componimenti  le sono serviti per introdurre, evidenziare o chiudere i suoi racconti.

La Cirillo ha sperimentato anche altri generi ma è sicuramente nel racconto breve che la sua scrittura rende il massimo splendore, sprazzi di vite narrate con un linguaggio pieno di rimandi.

Da un piccolo gesto quotidiano come l’apparecchiare la tavola per fare colazione la Cirillo ti porta, o meglio ti straporta in un mondo diverso, lontano, sconosciuto ma che non vedi l’ora di indagare, di capire, di conoscere.

“Le nostre vite sotto un cielo di ogni giorno. Sono state sconvolte all’improvviso, sotto quel cielo. Non puoi sapere cosa significhi lasciare tutto e dover partire, organizzare la tue cose in poche ore, essere in fuga… […] e non te lo voglio neanche raccontare in una giornata bella come questa”.

Senza dubbio alcuno va riconosciuto alla Cirillo il merito di aver inserito nel testo argomenti scomodi, difficili e ancor più onore le fa il non aver voluto nascondere l’ipocrisia che si cela dietro e davanti tali temi scottanti.

“Non dovevi dirmi questo… […] non dovevi passarmi il tuo dolore, come una trasfusione, proprio qui…”.

Le storie de Gli incendi del tempo raccontano di persone che sono volute andare e di altre che hanno preferito rimanere, di impavidi pronti a dare la vita pur di rincorrere un ideale e di borghesi sempre attenti a non farsi male, di profughi di guerra e clandestini via mare.

Le storie de Gli incendi del tempo sono come un caffè ristretto che va bevuto adagio, a piccoli sorsi, per avere il tempo e il modo di assaporarlo tutto, fino in fondo.

 

Ogni Angelo è tremendo

di Francesca Girardi

Ogni Angelo è tremendo, Susanna Tamaro, Feltrinelli editore

 

12-07Luoghi, personaggi e sentimenti autentici sono raccontati da una speciale voce narrante: quella di Susanna Tamaro. E il tema del libro è proprio la sua vita che scorre tra le pagine, dove nulla è tralasciato: il suo primo vagito, il padre assente e “farfallone”; la madre ovvero “la signora A, B, C, D”, il fratello, il Carso, Trieste, Roma. Susanna non ha punti di riferimento, è una bambina chiusa nel suo mondo, nelle sue domande, è fragile. Non riesce mai a sentirsi a “proprio agio”, non si sente mai né capita né capace di capire.

E intanto cresce, cambia casa, incontra la scuola di regia, per poi, lentamente, intravedere un barlume di speranza, comprendere che “…tra le sue pieghe la quotidianità nasconde tesori; l’artista è il minatore è colui che li cerca...”. Eccola divenire donna adulta, accettare le difficoltà che appartengono a se stessa, analizzarle, trasformarle, conservarle. Si trova a guardare con occhi teneri i suoi genitori, li accetta, li perdona, li sente parte di sé. Come parte di sé è quella bambina sempre un po’ triste e desiderosa di risposte che non arrivano.

Proprio da quel continuo velo di malinconica, che ha scandito il tempo di gran parte della sua vita, riesce a trarre la forza di credere nel suo talento.

Attraverso la scrittura Susanna si confida dando voce ai lati più intimi e profondi della sua anima.

Curarsi con i libri – rimedi letterari per ogni malanno

di Daniela Marras

Curarsi con i libri – rimedi letterari per ogni malanno, Ella Berthoud e Susan Elederkin, Sellerio editore.

 

11-07Come recita la nota all'edizione italiana, “Curarsi con i libri è un piccolo esperimento. Esce contemporaneamente in vari Paesi d'Europa, in ognuno con una sua edizione e un suo curatore. Si rivolge ai lettori, ai bibliotecari, ai librai di tutto il continente, perché, in definitiva il romanzo è il primo e più riuscito esempio di globalizzazione.” L'esperimento della casa editrice italiana continua anche on line, come si può verificare visitando il sito www.sellerio.it.

Sulla natura sperimentale di questa opera nulla da eccepire. Sulla sua dichiarata “piccolezza” sorgono dei dubbi.

L'opera delle due autrici britanniche, nella versione italiana curata da Fabio Stassi, conta infatti seicentotrentasette pagine compresi gli indici: e questa è già una prova di non “piccolezza”. Se poi si passa a leggere l'introduzione delle autrici, si scopre che esse hanno “spulciato duemila anni di letteratura in cerca delle menti più brillanti e delle letture più ricostituenti, da Apuleio, che nel II secolo scrisse L'asino d'oro, ai tonici contemporanei di Ali Smith e Jonathan Franzen.”: è quindi senz'altro un eccesso di modestia, magari con una punta di ironia, qualificare Curarsi con i libri come un “piccolo” esperimento.

Si comprende già dal titolo che l'opera in oggetto non è un romanzo. Come dicono le autrici “questo libro è un manuale di medicina – con qualche differenza”: la prima è che esso “non discrimina tra i dolori del corpo e i dolori del cuore”; la seconda è che “i farmaci... non si trovano in farmacia quanto in libreria, in biblioteca oppure sul proprio lettore di e-book.”. Ebbene sì, si tratta di un prontuario di “biblioterapia”: non un romanzo quindi, come già detto, ma un meta-romanzo, un romanzo su romanzi, come direbbe un esperto dei livelli del linguaggio.

Infatti, come dicono le autrici, per qualunque tipo di disturbo, fisico o mentale, del corpo o dello spirito, la “ricetta è semplice: un romanzo (o più d'uno) da leggere a intervalli regolari.”

I disturbi sono elencati in ordine alfabetico insieme ai relativi rimedi (romanzi, ovviamente, individuati con titolo e autore) a partire dalla “A” di “Abbandono” fino alla “X” di “Xenofobia”: la successione è, ogni tanto interrotta da un elenco di libri per i “disturbi della lettura” (come ad es. “Acquisto di libri, compulsivo” o “Leggere invece di vivere, tendenza a” ma anche “Vivere invece di leggere, tendenza a” e ancora “Sopraffatti dalla quantità di libri al mondo, sentirsi” e via dicendo) e dai “dieci migliori romanzi”, “per adolescenti”, “per sembrare colti”, “da leggere al gabinetto”, “per quei certi giorni”, “per curare la Wanderlust”, “per curare la Xenofobia” e tanti altri...

Già da queste righe, si intuisce che l'opera è di un certo spessore (non solo materiale) e che è stata concepita in Gran Bretagna e adattata per l'Italia (in questo caso) con sapiente ironia e arguzia. Fabio Stassi avverte che “curare l'edizione italiana... è stato un divertimento e un gioco ma anche un'opportunità per riflettere” sui mali della nostra nazione, in cui “più che da altre parti il romanzo è un occhio meccanico senza reticenze che traccia una radiografia impietosa della nostra penisola, un dizionario tutto italiano di quello che siamo. Una specie di gigantesca tac del carattere nazionale”: mali quindi da cominciare a curare... magari facendosi “contagiare dalla lettura”... di romanzi appunto.

E così se per il disturbo della lettura “Amnesia” la cura suggerita è “Tenere un diario delle proprie letture” e “anche riassumere la trama in una riga, purché... efficace: UOMO UCCIDE TITOLARE DI BANCO DI PEGNI, SEGUONO CINQUECENTO PAGINE DI SENSO DI COLPA, per esempio”, subito dopo segue la voce “Amputazione” che rimanda alla voce “Arto, perdita di un” per passare con nonchalance alla voce, o meglio al disturbo, “Anale, ritenzione” il cui rimedio è “Vita e opinioni di Tristram Shandy, gentiluomo, Laurence Sterne” voce che evidentemente riveste una certa importanza visto che ad essa si rimanda anche per i disturbi “Maniaci del controllo, essere”, “Noiosi, essere”, “Organizzati, essere troppo” e anche “Perfezionismo”.

Non si tema di non trovare il proprio disturbo in questo prontuario: spesso, se c'è un disturbo, si trova anche il disturbo antitetico: per esempio, c'è la voce “Matrimonio” e anche l'antitetico “Single, essere”; c'è la voce “Costipazione” e anche la voce “Diarrea” e così ancora “Ambizione eccessiva” e “Ambizione scarsa”, “Bullismo, essere vittima di” e “Bullo, fare il”, “Fiducia, eccesso di” e “Fiducia, perdita di”, “Sesso, fare troppo” e “Sesso, fare troppo poco”, “Vicini, avere dei” e “Vicini, non avere dei”.

Voci e disturbi spensierati come “Andare dietro a una donna, anche se è una suora”, “Cravatta, macchiata”, “Tè, incapacità di trovare una buona tazza di” etc., per quanto da prendere più o meno seriamente, si alternano a voci e disturbi senz'altro di diversa gravità come “Cancro”, “Cancro, occuparsi di una persona malata di”, “Depressione”, “Depressione economica” e via dicendo.

E, se scopriamo che Il buio oltre la siepe di Harper Lee, oltre ad essere incluso tra “I dieci migliori romanzi per curare la xenofobia”, viene indicato anche come rimedio per i disturbi “Genitore single, essere un” e “Vigliaccheria”, e che Uno, nessuno e centomila – romanzo a cui ricorrere per il disturbo “Naso, odio per il proprio” - è anche “un farmaco generico che può tornare utile in molte occasioni (v. Identità, crisi di; Personalità, sdoppiamento della)”, scopriamo pure che per il “Raffreddore comune”, ahimè, “non esiste una cura... Ma è un'ottima scusa per avvolgersi in una coperta insieme alla borsa dell'acqua calda e a un romanzo che possa darci un po' di sollievo”: seguono “I dieci migliori romanzi per quando si ha il raffreddore”.

Ebbene, chi ama leggere, chi ama i libri, chi ama i romanzi in particolare, trova in quest'opera, eccellente per i suggerimenti, i rinvii, le citazioni, le trame riportate senza svelare troppo, un meta-romanzo che si lascia consumare come un thriller avvincente di cui si vuole scoprire il seguito, seguito che prosegue anche dopo aver finito di leggerlo, sia perché sarà impossibile non cogliere i vari inviti alla lettura sia per l'apprezzabile iniziativa on line sopra citata della casa editrice Sellerio. Buona meta-lettura!

 

Un gioco, dieci minuti per tornare a vivere

di Martina Gentili

Un gioco, dieci minuti per tornare a vivere, Chiara Gamberale, Feltrinelli.

 

12-07Un romanzo, una lettura, una riflessione.

A volte, nella vita di tutti i giorni, capita qualcosa che interrompe la quotidianità, quella quotidianità in cui tutti noi ci sentiamo al sicuro, a casa.

Improvvisamente qualcuno spegne la musica mentre stiamo ballando, cerchiamo di sederci ma non ci sono sedie e allora ci sdraiamo a terra chiudendo gli occhi, raggomitolati, aspettando che passi.

Nella vita di Chiara, protagonista omonima del nuovo romanzo “Per dieci minuti” della scrittrice Chiara Gamberale edito da Feltrinelli , succede proprio così: il compagno di una vita la lascia con una telefonata dall’Irlanda dove era andato per seguire un master e come se non bastasse, il suo datore di lavoro le toglie la rubrica settimanale che teneva da otto anni sostituendola con la posta del cuore di una, non meglio identificata, concorrente e nemmeno vincitrice, de Il Grande Fratello.

Si ritrova così, con un enorme buco nel cuore e nessuna idea su come anche solo affrontare la vita ogni mattina, al suo risveglio.

“Passato il momento del dolore insopportabile, poi, non c’era più neanche quello a farmi un po’ di compagnia”­- dice Chiara- perché a volte, il dolore è così totalizzante che ti avvolge come uno strato di ghiaccio. Prima ti mozza il fiato ma poi, una volta abituato alla temperatura, romperlo ti sembra un altro cambiamento, e un altro cambiamento ti spaventa da morire. Quindi quasi quasi meglio rimanere ancora un po’ lì, fermo immobile, nel tuo angolino ad aspettare.

“Poi è passato un mese, ne è passato un altro, un altro ancora, ne sono passati quattro, cinque, sei, è arrivata l’estate . Una mattina di agosto mi sono svegliata e mentre il mare faceva il mare, il cielo faceva il cielo, io me ne sono accorta. Che c’era il mare, c’era il cielo. E ho scoperto di essere sopravvissuta.”

A quel punto, un giorno, l’analista da cui era in cura le propone di fare un gioco d’ispirazione steineriana:

“Per un mese, a partire da subito, per dieci minuti al giorno, faccia una cosa che non ha mai fatto.”

“Cioè?”

“Una cosa qualunque. Basta che non l’abbia mai fatta.”

“È sicura che funzioni?”

“Dipende da lei. I giochi sono per le persone serie. Se decide di cominciare il percorso, non deve saltare nemmeno un giorno.”

“E poi?”

“Ne riparliamo tra un mese, Chiara. Intanto giochi, si impegni e non bari, mi raccomando. Arrivederci.”

Comincia così, proprio per gioco, la lenta risalita verso la luce. Non ha niente da perdere ed inizia facendo qualcosa che è molto banale ma molto lontano da lei. Comincia con uno smalto fucsia. Lei che al massimo si concedeva, e con riserva, lo smalto nero. Perché è una scrittrice impegnata e non una da romanzetti rosa. Non solo. Perché i colori accesi sono troppo femminili e lei, infondo, non ha mai voluto ostentare la sua femminilità.

Poi è la volta del violino, strumento suonato da uno dei suoi migliori amici a cui non aveva mai nemmeno pensato di avvicinarsi. Continua con una lezione di hip hop, cambia per la prima volta un pannolino, cammina all’indietro, regala il suo cellulare, ascolta sua madre. Tutte cose semplici, quasi banali, e capisce che è proprio da lì che bisogna cominciare per ripartire. Dalle cose lontane da te che ti fanno sentire diversa, forse migliore, certamente più completa o addirittura forte.

Piano piano, giorno per giorno, riesce a distogliere l’attenzione dal suo dolore e, piano piano, giorno per giorno, il ghiaccio intorno al suo cuore si scioglie, aprendosi verso nuovi orizzonti.

Mettersi in gioco le ha fatto capire che la Chiara indifesa e bisognosa d’amore e di cure, quella Chiara di cui si era innamorato suo marito, non c’era più. Come non c’era più nemmeno il ragazzino di cui si era innamorata lei tanti anni prima e che chiamava Mio Marito, con la maiuscola. Nella sua testa certe cose erano concepibili solo con la maiuscola. Mio Marito, la Mia Rubrica, la Mia Casa ed ora invece era necessario pensarle minuscole. Ora l’unico perno intorno a cui deve girare la vita è la Vita stessa. Quella sì, con la maiuscola.

E allora forse il dolore infondo serve a qualcosa, forse è vero che ci rende più forti.

Con questo romanzo Chiara Gamberale si conferma una scrittrice attenta e profonda, riesce a farci vivere le sue sensazioni, i suoi dubbi, le sue incertezze come fossero nostre. Fa un’analisi approfondita di se stessa e di ciò che prova dando un nome ad ogni dolore.

È un libro positivo che invita il lettore a mettersi in gioco, a capire quanti  nuovi “dieci minuti” ci sono dentro di noi, quante cose ancora si possono fare per migliorarci, per conoscerci più a fondo e magari scoprire lati, inclinazioni e passioni che non pensavamo di possedere.

Suggerisce un modo per distogliere l’attenzione dal dolore senza negarlo, anzi, ci insegna ad accoglierlo, a farlo nostro e a trasformarlo in un punto di partenza per smettere di sopravvivere e cominciare a vivere davvero.

Una frana di nome Italia

di Silvia Gaviglio

 

11-07Ogni volta vittime e danni. Ma l’Italia è così. Pare obbligatorio dover accettare l’idea. In fondo non si possono spostare milioni d’individui stipati nelle zone più vulnerabili del nostro territorio. In fondo è noto che i cambiamenti climatici possono aver peggiorato eventi già presenti nel nostro ambiente, ma le alluvioni non sono certamente nate ieri. Ed è l’acqua la responsabile, che s’insinua perfida a trascinare a valle pendii ormai gonfi e instabili. Ma chi ha costruito là sopra una casa? E chi ha deciso che là sotto dovesse passare una ferrovia? E chi si dovrebbe occupare della manutenzione? Nessuno. Nessun responsabile per le conseguenze. Come non togliersi dalla mente le immagini di quel treno inclinato sulla linea Milano-Ventimiglia? E come non porsi tante domande? E’ evidente che fatti eccezionali possano sussistere con conseguenti gravi danni ma è possibile che questi ultimi siano tutti imputabili a fattori esterni e mai ad errori, come dire, umani?

Suonano pertanto squillanti e miracolose le parole di Gabrielli  che spera di poter inserire a partire dal 2014 un corso di protezione civile tra le materie scolastiche. Le sue parole:“La regola più importante è quella dell’auto-protezione. Le comunità consapevoli? Diventano esigenti. Sia nei comportamenti individuali sia nella collettività”. Ed è evidente che la scuola è la vera base solida per costruire, menti e sostegni.

E’ disarmante pensare che la gente muore perché non è informata, perché i Comuni non hanno piani di emergenza. Importanti sono quindi le parole di Gabrielli, non solo perché la scuola prepara i potenziali costruttori, sismologi, ingegneri e amministratori di domani ma anche perché tutti i cittadini devono avere più consapevolezza del territorio che li circonda, curandolo, denunciando ciò che non funziona e non limitandosi alle polemiche inutili. I cittadini più preparati e consapevoli devono dialogare con le proprie amministrazioni, stimolarle eventualmente. Chi sa di più può davvero fare la differenza. La difesa del suolo esige la collaborazione di tutti perché il luogo dove abitiamo, dove lavoriamo non è di altri ma è affar nostro.

Essere consapevoli fa diventare esigenti, queste sono le parole del capo della Protezione Civile e non ci si può trovare che in assonanza con un’affermazione simile. Una inconsapevolezza che racchiude tutti i problemi di un paese che si sta lasciando andare e che si abitua giorno dopo giorno ad assuefarsi alle stesse notizie. Ed è un grande pericolo quello di accettare passivamente lo stato di cose. Di vedere e non parlare. I tamponi alle emergenze sono evidenti ma il vero investimento è, come sempre, la formazione e il continuo scambio di opinioni.

 

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